sabato 7 maggio 2011

Il verde della propaganda

Domani domenica è la seconda giornata nazionale della bicicletta. La prima ce l'eravamo persa per strada, ma quest'anno anche Merate aderisce. Sulla carta però, perché in pratica il Comune non fa niente, solo un momento di ritrovo all’Area Cazzaniga di pomeriggio. Non viene chiuso neanche il centro alle macchine. Lo dice l'avviso pubblicato sul sito internet del Comune. su cui è stata pubblicata una generica cartina che riporta i posti di interesse. E’ tutto all’insegna del faidatè: ognuno deve scegliersi per dove andare, che percorso fare, dove fermarsi. A Lecco invece bloccano la parte storica e a Osnago i vigili urbani insegnano l’educazione stradale. A parole sono tutti verdi, ma è nelle scelte concrete e reali che si misura l’attenzione all’ambiente. A parte una navetta inutile che viaggia sempre vuota e che grava sulle finanze pubbliche per niente a Merate non è stato ancora fatto niente di utile. Il traffico con la nuova viabilità è aumentato e si formano le code, il PGT farà costruire ancora e i pannelli solari sul municipio non sono stati messi. Il verde a Merate è solo il colore della propaganda politica. Chissamai che almeno si vede il Sindaco tornare in sella alla bicicletta, da quando è stato eletto lo si è visto sempre posteggiare l'autovettura sotto il municipio.

C.B.

Prima persone: io li ospito

Sembra che sfugga sempre l’aspetto primario quando si parla di migranti ed anche in questi giorni che tiene banco, sulla stampa ed in tv, l’”invasione” di 30 di essi nella solidale terra lecchese. Terra ricca di associazionismo, di opere caritative, di fraterno cristianesimo e rivendicato comunismo terzomondista ma immune dall’elaborare. Sfugge, almeno sembra, che migranti, richiedenti asilo, sui barconi o sulla terra ferma di Lampedusa o Lecco che dir si voglia, sono Prima Persone. E se l’Europa è una fortezza, e per molti una prigione, l’Italia può, se ce lo dimentichiamo in troppi, essere peggio di un incubo: può essere un brutto risveglio. La frontiera non è più un luogo: è una colpa, una condanna, qualcosa che chi ha avuto la sfortuna di incontrare non si toglierà mai più di dosso. Il 6 maggio  nel massimario minimo a pag. 47 de La Provincia di Lecco, c’è una frase illuminante di Papa Giovanni XXIII “Il superfluo si misura dal bisogno degli altri”. E’ emblematico, mi sia permesso, che si trovi nella stessa edizione che riporta, come se fosse una condanna, che i profughi, o meglio i richiedenti asilo, ci costano 1200 euro al giorno. Che tra l’altro fanno 40 euro a testa. Una cifra che evidentemente la solidale terra lecchese, ricca di associazionismo, di opere caritative, di fraterno cristianesimo e rivendicato comunismo terzomondista è impossibilitata, nella pratica, a sostenere. Bisogna tenere a distanza gli indesiderabili. Non è più Pasqua e non è ancora Natale. Uno sguardo che non guarda. La cronaca esibisce il suo catalogo di ecatombi, le tecnologie della comunicazione ce le mettono a disposizione, in versione da telegiornale, il più delle volte da dibattito pre-elettorale che è la politica perenne di casa nostra, ma c’è una costante, un elemento comune a tutti quei massacri ed è che si tengono sempre ad una certa distanza dalla mia, e dalla nostra, tavola. Sono fatti che accadono da qualche parte che a buon diritto possiamo chiamare “altrove”. Magari alle porte di casa, come le guerre nell’ex Jugoslavia, nei Balcani o, appunto, nell’Africa mediterranea, ma insomma non proprio “qui”. “Qui” è una parola ambigua, difficile da definire se ci mettiamo d’impegno. Un incidente finanziario a Wall Street, per i suoi effetti, ha molte più probabilità di rappresentare qualcosa che accade !qui!, nella mia, nella nostra vita, di quanta ne abbia ciò che avviene in campo della protezione civile a 2 km da casa mia che ospita richiedenti asilo, o in una coda vergognosa e umiliante davanti agli uffici della Questura cittadina. O a un miglio dalla spiaggia delle mie, nostre vacanze. E quindi totalmente indifferenti, mera questione di sostenibilità economica, di panico per 40 euro al giorno che la solidale terra lecchese, ricca di associazionismo, di opere caritative, di fraterno cristianesimo e rivendicato comunismo terzomondista è impossibilitata, nella pratica, a sostenere. Ed allora è necessario, direttamente, collettivamente, immediatamente, assumersi la propria parte di Opera – la Torah dice infatti che non ti è imposto di completare l’opera ma non sei libero di sottrarti – e sollecitare, nel concreto, la solidale terra lecchese, ricca di associazionismo, di opere caritative, di fraterno cristianesimo e rivendicato comunismo terzomondista a mettere a disposizione, per latri richiedenti asilo, le proprie sedi, le proprie case, i propri risparmi, per ospitare, con il ordinamento dei Comuni, delle Autorità le persone che fuggono da guerre e da carnefici, che affrontano la nostra frontiera, che se la sentono addosso.
“Io li ospito…” è dare ognuno, famiglia e realtà organizzata, la propria disponibilità all’accoglienza e/o al sostengono economico. Io li ospito e tu?
Restiamo umani

Barbara e Paolo

Immigrazione: sotto scacco della paura

In questi giorni di sbarchi, di clandestini, di forti conflitti su chi se li prende questi – io no, io no – fuori dalle palle mi è capitato tra le mani un libro che pare fatto apposta. Si tratta di un libercolo piccino, di quelli che sanno di etnico e che pubblica solo E/O:"Divorzio all’islamica a viale Marconi" di Amara Lakhous. Lo scrittore, celebre per "Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio" è uno scrittore algerino che vive e lavora a Roma e che si è occupato dei problemi della prima generazione di immigrati che sono nati in Italia e per questo spaccati tra due mondi.
A parte la storia quel che mi è piaciuto del libro è il suo dare uno sguardo diverso sulla comunità dei migranti. Uno sguardo da dentro, sulle problematiche che non sono solo quelle strettamente legate alla sopravvivenza, ma anche all’incontro dei mondi, alle tradizioni, alle differenze che poi non son così tante e spesso basate sull’ipocrisia.
Leggo questo libro e mi immagino gli emigranti dell’inizio del secolo, che partivano dall’Italia con la valigia di cartone e dopo viaggio massacranti venivano stipati come bestie ad Ellis Island in attesa di essere valutati, misurati e controllati come pecore prima del macello. E poi, una volta entrati finivano ghettizzati, triturati e derisi. Molti ce l’hanno fatta, lottando con le unghie e con i denti. Prendendo a testate la vita, con caparbietà. Ma altri no. Retorica? Sì, forse, ma anche no. Forse è solo memoria.
Eh, ma noi lì ci andavamo per lavorare, mica a fare i delinquenti!!! E certo, infatti la mafia s’è importata da sola negli States non si sa con quale metodo! Ma quella l’han portata i terroni! A vabbè, ma se la buttiamo sul miopiccolomondoanticodi5mq vs restodelmondo non ne usciamo più! E poi, ma chi lo dice a questa gente che i clandestini son tutti delinquenti? Su quale statistica si basa? Ma tu italiano medio davvero pensi che un uomo come te possa affrontare un viaggio pagato oro su barconi di fortuna, rischiando la vita per venire a delinquere in Italia? In genere i delinquenti, amico mio, viaggiano in business class non scordarlo. Ma fuggono dai campi di accoglienza, da questo si capisce! Logico. Ma voi non fuggireste da un posto in cui per tre giorni non vi danno nulla da mangiare e meno da bere? Dove si litiga un pezzo di pane? Meglio rischiare la fuga, cercare di raggiungere un parente in Francia o magari in Germania. Meglio morire cercando un po’ di libertà che ricadere nelle stesse mani da cui si è fuggiti.
Ma tu, cittadino medio, sei così cieco da non vedere? Da non immaginare che questo governo sotto scacco di una Lega xenofoba e schiavo di una destra che gira ancora con l’olio di ricino in mano ti vuole far avere paura? E tu che fai? Hai paura! E fai bene. Bravo. Abbi paura. Ma deve esser tanta. In fondo, te lo meriti…


Referendum e censura istituzionale. Passaparola

Ciao a tutti,
confermo la necessità di questo passaparola, aggiungendo che si tratta di informazione per ri-affermare i diritti costituzionalmente garantiti. Il dramma è che sembra la maggior parte della popolazione non sia consapevole di quanto sta avvenendo.
Quello che Vi porto è solo un piccolo esempio. Sono una ricercatrice, mi occupo di diritto ambientale e di risorse idriche. Dovevo intervenire ad un programma Rdio RAI (programmato ormai da due settimane) per parlare del referendum sulla privatizzazione dell'acqua e chiarirne meglio le implicazioni giuridiche. E' arrivata una circolare interna RAI alle 8 di ieri mattina che ha vietato con effetti immediati a qualunque programma della RAI di toccare l'argomento fino a giugno (12-13 giugno quando si terrà il referendum), quindi il programma è saltato e il mio intervento pure. Questo è un piccolo esempio delle modalità con cui "il servizio pubblico" viene messo a tacere e di come si boicotti pesantemente la possibilità dei cittadini di essere informati e di intervenire (secondo gli strumenti garantiti dalla Costituzione) nella gestione della res publica. Di fronte a questa ennesima manifestazione di un potere esecutivo assoluto che calpesta non solo quotidianamente le altre istituzioni, ma anche il popolo italiano di cui invece si fregia di esser voce ed espressione, occorre riappropriarci della nostra voce prima di perderla definitivamente.
Il referendum è evidentemente anche questo!

Mariachiara Alberton

P.S.: Ricordatevi che dovete pubblicizzarlo voi il referendum... perchè il Governo non farà passare gli spot ne' in Rai ne' a Mediaset. Sapete perché? Perché nel caso in cui riuscissimo a raggiungere il quorum lo scenario sarebbe drammatico per i governanti ma stupendo per tutti i cittadini italiani. Vi ricordo che il referendum passa se viene raggiunto il quorum. E' necessario che vadano a votare almeno 25 milioni di persone. I cittadini, non sapranno nemmeno che ci sarà un referendum da votare il 12 giugno. Quindi: i cittadini, non andranno a votare il referendum. Vuoi che le cose non vadano a finire cosi ? Copia-incolla e pubblicizza il referendum a parenti, amici, conoscenti e non conoscenti.Passaparola!

venerdì 6 maggio 2011

Sicurezza a soli scopi elettorali

Chi ne aveva fatto una bandiera adesso disattende le promesse. Un plauso va ad iniziative che prevedano sinergie e azioni condivise tra enti locali e forze dell’ordine, meno alle celebrazioni di queste settimane.

Ieri in Commissione Affari Costituzionali, a un anno e dopo numerose sollecitazioni, è arrivata la risposta dal Governo alla mia interrogazione in merito alla necessità potenziamento del presidio sicurezza nel Casatese. Risposta insoddisfacente perché non contiene alcuna novità in merito, sia in termini di risorse finanziarie che umane, nonostante si riconosca che i dati sui reati sono più alti che altrove e che in tale contesto “si inserisce la possibilità di procedere al potenziamento”. Il tema della sicurezza utilizzato da questa maggioranza, Lega e PdL, in tutti questi anni a scopi elettorali. Le molte promesse per più sicurezza, si sono trasformate in pesanti tagli a vari comparti che pregiudicano di fatto la realizzazione. Solo i Comuni stanno sopperendo, nonostante i pesanti tagli indiscriminati e il famigerato patto di stabilità che blocca ogni investimento, il Ministro Roberto Maroni nella sua visita a Lecco, ha promesso di allentarlo almeno su questo fronte, ma le tante promesse ad oggi non hanno avuto nessun riscontro anche a fronte di numerosissime nostre interpellanze. Un plauso va ad iniziative che prevedano sinergie e azioni condivise tra enti locali e forze dell’ordine come quelle messe in atto, meno alle celebrazioni di queste settimane. Ricordo, come scritto nell’interrogazione “da oltre tre anni, - oggi 4 - 11 sindaci della Conferenza casatese hanno chiesto con lettera al Ministro dell'interno (il 10 agosto 2007, il 23 giugno 2008 ed il 7 aprile 2009) l'istituzione di un nuovo presidio territoriale di polizia e/o il potenziamento nel territorio della presenza dell'Arma dei carabinieri, per migliorare il livello di sicurezza della Brianza” , l’impegno in tal senso risale a dicembre 2007 dal Governo di Romano Prodi che accolse un ordine del giorno della Lega presentato dall’On. Lorenzo Bodega, oggi a oltre 3 anni e mezzo è ancora disatteso, disatteso proprio da chi ne aveva fatto una bandiera. Inoltre nella replica ho chiesto al Viceministro Alfredo Mantovano, come sia possibile, a fronte di carenze in essere nei comparti delle forze dell’ordine, a fronte del taglio degli straordinari, vengano dirottate da 2 anni, ben 2 auto della Polizia con relativo personale, per presidiare l’abitazione del Ministro Michela Vittoria Brambilla, se è un presidio dovuto…. non è assolutamente comprensibile che vengano distolte risorse importanti dalla sicurezza del territorio.


Interrogazione a risposta in Commissione
06-05-2010 Ordine pubblico nella Brianza Lucia Codurelli Numero: 502866
Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa.

Premesso che:
  • da oltre tre anni 11 sindaci della Conferenza casatese hanno chiesto con lettera al Ministro dell'interno (il 1o agosto 2007, il 23 giugno 2008 ed il 7 aprile 2009) l'istituzione di un nuovo presidio territoriale di polizia e/o il potenziamento nel territorio della presenza dell'Arma dei carabinieri, per migliorare il livello di sicurezza della Brianza;
  • la Brianza è una zona caratterizzata da un'elevata concentrazione abitativa, con la presenza di importanti scuole superiori e significative realtà produttive e commerciali. Inoltre è una zona al confine con l'area metropolitana milanese, più soggetta ad attrarre l'attenzione della criminalità e si denuncia la proliferazione delle aperture di sale giochi, scommesse e affini che vanno a sostituire negozi tradizionali, con conseguenze da non sottovalutare dal punto di vista di drammi sociali in aumento;
  • nel corso di un'intervista rilasciata al Giornale di Merate, il comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri, colonnello Alessandro De Angelis ha definito il casatese la «zona critica della Provincia di Lecco», per i continui furti messi in atto (in 8 abitazioni di un residence in una sola notte) e come appreso dallo stesso giornale c'è chi dorme addirittura nel proprio negozio;
  • il Governo Prodi, accogliendo queste richieste, aveva stanziato nella legge finanziaria per il 2008, 140 milioni di euro per il rafforzamento degli organici delle Forze dell'ordine, attraverso uno sblocco del turn-over che avrebbe consentito l'inserimento di circa 4.500 nuove unità ed aveva inoltre recuperato 3000 unità di personale delle forze dell'ordine prelevandole da altre amministrazioni dove erano prestate per compiti amministrativi, e in sede di approvazione della stessa, aveva accolto un ordine del giorno (n. 9/03256/047) impegnandosi per il potenziamento dei presidi territoriali delle Forze dell'ordine;
  • nonostante i numerosi impegni presi e anche annunciati al territorio da esponenti del Governo in carica, i tanti atti di sindacato ispettivo, le proposte emendative alle leggi finanziarie e ai provvedimenti inerenti alla pubblica sicurezza, sia della maggioranza che dell'opposizione, a sostegno delle richieste degli amministratori locali, ad oggi il territorio ed i comuni interessati si trovano soli ad affrontare questa emergenza alla luce della difficoltà economiche dovute ai pesantissimi vincoli del patto di stabilità in atto;
  • il Ministro dell'interno, ad oggi, non ha dato seguito alle richieste degli amministratori locali per il potenziamento più volte annunciato del presidio nel lecchese;
  • il Ministro della difesa nel contempo ha promesso un aumento delle Forze dell'ordine ed il potenziamento delle stazioni dislocate sul territorio interessato che ad oggi non ha avuto nessun riscontro
Per sapere:
  • quali urgenti iniziative intendano adottare in relazione a quanto esposto in premessa, al fine di garantire l'immediato stanziamento di fondi e risorse umane per il potenziamento dei tre presidi dell'Arma dei carabinieri già esistenti sul territorio (Casatenovo, Cremella, Castamasnaga), e di preservare l'ordine e la sicurezza dell'area, facendo seguito a quanto annunciato e promesso possibilmente prima dell'inizio dell'estate, periodo in cui, storicamente, aumentano i furti nelle abitazioni;
  • se si intendano assumere iniziative per l'istituzione a Barzanò di un commissariato di polizia annunciato in campagna elettorale e smentito dopo la vittoria del centro-destra.Seduta del 4 maggio 2011
Commissione affari costituzionali
Risposta del Governo del sottosegretario Alfredo MANTOVANO,
replica di Lucia CODURELLI
Testo integrale della risposta

Il contesto di riferimento dell'interrogazione, quello della «Bassa Brianza Lecchese», comprende circa trenta comuni della provincia di Lecco, con una popolazione complessiva di centomila abitanti. È un territorio ricco e fiorente dal punto di vista economico. L'area è caratterizzata da una elevata urbanizzazione, da un'alta frammentazione in comuni - dotati di un'estensione anche minima - (quelli che superano i diecimila abitanti sono Merate e Casatenovo) e da una peculiare conformazione topografica, costituita da numerose vie comunali e da direttrici provinciali e statali. Il quadro relativo alla situazione della criminalità va delineato, innanzitutto, tenendo conto di una corretta analisi dei dati statistici relativi alla delittuosità nell'anno 2010. Tali dati indicano due trend contrastanti: da un lato se si considera l'intero territorio della provincia lecchese, l'indice della delittuosità registra un decremento, confermato del resto anche dai dati relativi al primo bimestre del 2011. Se, invece, si focalizza l'attenzione su un territorio più circoscritto, comprendente i comuni di Barzanò, Casatenovo e Costa Masnaga, il dato registra un aumento, con particolare riferimento ai reati contro il patrimonio. La maggior parte dei reati contro il patrimonio viene commessa per lo più da soggetti provenienti dall'hinterland milanese, che si riversano nella bassa Brianza lecchese, per non essere facilmente identificati e rintracciati nel loro territorio di origine.
Tale situazione è oggetto di un'attività di controllo da parte delle Forze dell'ordine, testimoniata - peraltro - dalle iniziative di coordinamento promosse sul territorio dalla Prefettura di Lecco. Fin dal 2007, la situazione della criminalità nella zona è stata affrontata dalla Conferenza permanente dei sindaci del Casatese, che aveva avviato una serie di iniziative, finalizzate ad ottenere un potenziamento dei presidi delle Forze dell'ordineIn tale quadro si inserisce la possibilità di procedere al potenziamento dei presidi dell'Arma dei Carabinieri, già presenti sul territorio. Rispetto a tale profilo, già a partire dal 3 maggio 2010 il Comandante Provinciale dell'Arma dei Carabinieri - accogliendo la proposta avanzata dal Ministero dell'interno - esprimeva parere favorevole all'istituzione di una Tenenza dei Carabinieri nel comune di Barzanò, previa soppressione della stazione di Cremella. Tale proposta è stata esaminata nella seduta del 26 maggio del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, svoltasi presso la Prefettura di Lecco, alla presenza dei sindaci di Barzanò e Crepella. In tale sede è stata evidenziata l'opportunità di istituire un presidio di polizia di particolare visibilità e rilevanza, quale appunto una Tenenza dell'Arma dei Carabinieri, con un numero di pattuglie superiore a quello attualmente presente, garantendo, inoltre, una maggiore presenza delle forze di polizia nella zona del territorio casatese. Successivamente il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha confermato l'orientamento favorevole all'attivazione di una Tenenza dei Carabinieri nel comune di Barzanò ed ha precisato che il provvedimento di istituzione verrà formalizzato non appena la situazione logistica lo renderà possibile.

Replica Lucia CODURELLI, replicando, si dichiara insoddisfatta e sottolinea come sia tardiva la risposta a un'interrogazione sollecitata più volte. Osserva che le promesse del Governo in campagna elettorale si sono tradotte nei tagli indicati anche dall'onorevole Motta e come, senza risorse, non basti la sinergia tra le forze dell'ordine per realizzare un'attività efficiente di sicurezza.

Unità d'Italia: all'Amministrazione Comunale i meriti, alle Associazioni i debiti

Si riceve e si pubblica una lettera del Presidente de La Semina che evidenzia le difficoltà causate dalla mancata copertura totale dei costi sostenuti dalle Associazioni della Consulta Cultura per le manifestazioni dei 150 anni dell'Unità di Italia da parte dell'Amministrazione Comunale


Merate 28 aprile 2011


Spett. Comune di Merate
Spett. Assessorato alla Cultura di Merate
Spett. Consulta delle Associazioni di Merate
Spett. ProLoco Merate
Spett. Associazioni:


OGGETTO : Lettera di integrazione alla sottoscrizione della Convenzione del progetto culturale : “MERATE PER I 150 ANNI DELL’UNITA’ D’ ITALIA”.

La presente lettera costituisce integrazione del documento (Convenzione) da me firmato in data martedì 19 aprile u.s. alla presenza della sig.ra Gabriella Mauri, titolato : "Merate x il 150° dell'Unita' d'Italia", ed è intesa a precisare quanto già anticipato verbalmente all'atto della firma stessa.
La Semina, non essendo in grado di contribuire alla copertura di un eventuale disavanzo, chiede di essere tempestivamente avvertita di questa eventualità di fronte alla quale può solo intervenire limitando le spese attraverso la riduzione delle iniziative di propria competenza.
Distinti saluti


Per Associazione Culturale La Semina (APS)
(Il presidente) Pierangelo Marucco

giovedì 5 maggio 2011

Il Paese dei divieti

I cittadini visti come bambini da controllare, accudire e limitare, quasi in ogni ambito del vivere pubblicp nel più grande stato baby-sitter


Sono tante le cose che non si possono fare nel nostro Paese. Se poi passiamo in ambito locale, le proibizioni crescono, grazie a una serie di provvedimenti emanati da sindaci più o meno sceriffi. Una situazione diffusa finita anche nel mirino dei giornali inglesi. O pi precisamente dell'autorevole Independent, che al fenomeno tricolore del "nonsipuotismo" stabilito per legge (o per ordinanza) ha dedicato un ampio articolo.
Oggetto del reportage, come spiegato dalle pagine del giornale, la "tempesta di nuove regole e regolamenti, che rischiano di trasformare il Belpaese nel più grande stato-babysitter". Con i cittadini visti come bambini da controllare, accudire e limitare, quasi in ogni ambito del vivere pubblico. In realtà, l'articolo dell'Independent oltre a una denuncia dell'eccesso di regole e regolette in vigore in casa nostra vuole anche avvertire i visitatori provenienti dall'estero. I quali, magari abituati a situazioni più permissive, vanno incontro a possibili sanzioni: "Gli stranieri inconsapevoli rischiano pesanti multe se fanno cose che sono perfettamente legali da qualsiasi altra parte del mondo, eccetto in quella città o paese dove si trovano".
Il giornale elenca molte delle ordinanze e ricorda: "Il governo di Silvio Berlusconi è stato il primo al mondo a introdurre il Ministero della Semplificazione (quello del leghista Roberto Calderoli) con il compito di identificare ed abolire leggi inutili, ma, nell'interesse di una maggiore democrazia a livello locale e della sicurezza, il suo ministro dell'Interno Roberto Maroni ha consentito a migliaia di fiori legali di sbocciare. Molte di queste ordinanze non verranno probabilmente mai fatte rispettare".

fonte dalla Rete

Dossi come funghi

Li chiamano passaggi pedonali rialzati o protetti ma di fatto sono dossi rallentatraffico. A Merate negli ultimi anni sono spuntati come fughi, specie in questa consiliatura. Ovunque ci si giri li si trova: via XXV Aprile a Brugarolo, via Monte Grappa a Sartirana, via Buozzi a Novate, via don Arnaboldi a Pagnano, via Matteotti, via A. Baslini, piazza degli Eroi… Adesso un dosso pare stia per arrivare anche in via Turati davanti al macello. Ma la normativa dice che “I dossi artificiali possono essere posti in opera solo su strade residenziali, nei parchi pubblici e privati, nei residences, ecc.; possono essere installati in serie e devono essere presegnalati. Ne è vietato l'impiego sulle strade che costituiscono itinerari preferenziali dei veicoli normalmente impiegati per servizi di soccorso o di pronto intervento”. In via Turati passano di continuo ambulanze, camionette dei pompieri e gazzelle dei carabinieri… più itinerario preferenziale dei veicoli per i servizi di soccorso e di pronto intervento di così!!! Poi si può cambiare il nome e chiamarli “passaggi pedonali”, ma la sostanza non cambia. Speriamo che nessuno dei nostri Amministratori si trovi mai a dover passare su una lettiga con le ossa rotte sul nuovo dosso. Ma se dosso sarà veramente purtroppo ogni giorno ci passerà sopra tanta altra gente. Meno dossi, più senso civico da parte di tutti e maggiori controlli con gli agenti della Polizia Locale!!! Speriamo in smentite.

R.I.

Eran trecento eran giovani e forti e sono... stati multati

"«Stamattina armato di paletta mi sono presentato all'altezza della strettoia di via Frisia. Avrò fermato sette, otto auto che andavano in senso vietato. Spiace scoprire che nella maggior parte dei casi si tratta di meratesi. E che chi percorre via Frisia da nord verso sud sa del senso unico, mentre chi la imbocca in senso vietato da sud a nord finge di non saperlo». Così il sindaco di Merate, Andrea Robbiani, commenta quanto accaduto nella giornata di ieri al culmine di una settimana vissuta con i cambiamenti legati alla viabilità in centro. Di fatto i sensi unici imboccati al contrario e la sosta vietata sui parcheggi, in particolar modo in viale Lombardia, hanno fatto piovere una marea di multe da parte dei vigili urbani, che ne hanno staccate trecento..." (da La Provincia di Lecco del 28 aprile 2011). Della serie colpirne uno per "educarne" trecento, anzi cento per "educarne" trentamila.Un po' di buon senso e comprensione per darci modo di abituarci e capire come muoverci potevano anche lasciarcelo. Le regole bisogna rispettarle, ma devono essere usate per la gente non contro la gente o per raccogliere soldi dalle multe. Questi vogliono solo reprimere, controllare e vietare: qui non si parcheggia, lì non si passa, di qua non si può andare, per spostarti là bisogna usare l'autobus, i negozi devono vendere merce di qualità, le associazioni devono inventare progetti di prestigio, gli alunni a scuola entrano da sotto e da quella parte non si gira... Ohhhh, ma chi si credono di essere, i padroni di Merte!?!?!


Mail non firmata

mercoledì 4 maggio 2011

La nuova viabilità

(Fotomontaggio realizzato su immagine originale tratta da Merateonline.it)
La libertà di movimento a Merate dopo le recenti modifiche (s)viabilistiche introdotte nel centro storico...

L.F

La favola che la Lombardia è la regione più ricca d'Europa

È quasi un luogo comune dire che la Lombardia è l'area più ricca d'Europa. E se si guarda al Pil complessivo effettivamente la Regione si colloca al sesto posto nell'Unione. Ma per comprendere la reale ricchezza di un territorio è più corretto il riferimento al Pil pro-capite e qui la situazione cambia perché la Lombardia si ritrova al ventinovesimo posto. I dati peggiorano ancora se si considera l'andamento negli ultimi dieci anni. E lo stesso ragionamento si può fare, a livello di ripartizioni, per il Centro-Nord nel suo insieme.

Capita di frequente, nelle trasmissioni radiotelevisive, di sentire magnificare le sorti della Lombardia, “regione più ricca d’Europa”. L’affermazione, data per buona da conduttori e altri ospiti in studio, è spesso utilizzata in antitesi all’andamento dell’economia italiana nel suo complesso, come a suggerire che alcune regioni – e i loro governanti - riescono a ottenere performance elevate e addirittura superiori a quelle delle più avanzate regioni europee.
C’è un discrimine fondamentale, che concorre a cambiare completamente il quadro finale. Se consideriamo il Pil prodotto in termini assoluti, la Lombardia figura tra le prime regioni europee (ma non la prima: nel 2008 era al sesto posto).Tuttavia, questa misura è perlomeno incompleta, perché non tiene conto della diversa dimensione demografica delle regioni considerate. Una misura più adatta a comprendere la reale dimensione della ricchezza di un territorio è il Pil pro-capite, che soppesando il Pil per il numero di abitanti aiuta a capire quanto reddito abbiano a disposizione gli abitanti della regione considerata.
Utilizzando il Pil pro-capite, la situazione della Lombardia cambia drasticamente: dal sesto al ventinovesimo posto.  Il Pil pro-capite lombardo al 2008, infatti, è superiore a quello della media Unione Europea (134 per cento), ma ben inferiore ai valori delle più sviluppate regioni europee.
Il dato appare ancora più negativo se si osserva l’andamento degli ultimi dieci anni. Nel 1997 il Pil pro-capite della Lombardia era pari al 161 per cento della media Unione Europea, collocando la regione all’undicesimo posto in Europa. Il calo del Pil pro-capite in percentuale della media Ue non deriva tanto da un’uniforme diffusione del benessere in grado di colmare i divari economici all’interno del territorio europeo, quanto da un rallentamento dell’economia lombarda in relazione alle altre regioni.
Questa affermazione è confermata non solo dalla riduzione del Pil pro-capite in percentuale della media europea, con conseguente scivolamento in classifica, ma anche dall’andamento delle altre regioni che nel 1997 avevano livelli di reddito simili a quelli lombardi.
Abbiamo considerato le regioni che, come la Lombardia, nel 1997 avevano un Pil pro-capite compreso tra il 170 e il 150 per cento della media europea, quindi tutte regioni altamente sviluppate. Hanno seguito tutte lo stesso percorso di sviluppo? Evidentemente no. Delle sette regioni considerate, a distanza di un decennio solo una fa registrare un livello di Pil pro-capite inferiore a quello lombardo: l’Emilia-Romagna. Le altre mantengono la propria posizione (Brema, Utrecht), la migliorano (Groningen) o registrano uno scivolamento inferiore a quello lombardo (Stuttgart, Bolzano).
Un ragionamento simile vale a livello di ripartizioni. L’affermazione che il Centro-Nord è la regione più ricca d’Europa, o una delle più ricche, non è del tutto vera. Certo, se si aggregano i dati delle tre ripartizioni italiane più ricche e si confronta questo dato con quello nazionale tedesco, francese o britannico, il risultato italiano appare il migliore. Tuttavia, è poco corretto confrontare i dati relativi alle ripartizioni con i dati nazionali.
Più corretto sarebbe confrontare i dati riferiti alle medesime unità territoriali statistiche (Nuts), così come definite da Eurostat. È possibile, quindi, confrontare tra loro tutti i territori dell’Unione Europea corrispondenti alle nostre ripartizioni (livello Nuts 1).
Osservando questi dati, ne emerge un andamento del tutto simile a quello della Lombardia. A livello assoluto, infatti, il Pil delle ripartizioni Nord-Ovest e Nord-Est è tra i più elevati in Europa (rispettivamente terzo e settimo posto nel 2008). A livello pro-capite, però, la posizione delle due ripartizioni è molto peggiore, collocandole rispettivamente al ventesimo e ventunesimo posto.
Anche in questo caso, significativo è il trend degli ultimi dieci anni. Nel 1997 le ripartizioni Nord-Ovest e Nord-Est occupavano il settimo e ottavo posto in Europa, con un Pil pro-capite pari al 148 e al 146 per cento della media europea, mentre oggi sono scese al 126 e 124 per cento. Nessuna tra le ripartizioni europee che nel 1997 si trovavano in una posizione simile a quella del Nord Italia ha seguito lo stesso andamento negativo.

Federico Fontolan

Comitato 14ma

E’ da molti anni che la classe operaia tenta di uscire dallo sfruttamento con diverse lotte sindacali, ma purtroppo la condizione operaia non è cambiata di molto. Perchè?
Innanzitutto, dopo gli accordi, in breve tempo si rimangia quel poco o tanto che eravamo riusciti a strappare con la lotta. Senza lotta avremmo ottenuto ancora meno, perché è sicuro e dimostrato che il padrone non regala mai niente. E se qualche volta il padrone ci fa credere che ci ha fatto un regalo, non l'ha fatto per farci contenti ma solo ed esclusivamente perché da quel piccolo regalo lui il padrone ne può trarre maggiori profitti. Da sempre abbiamo visto che il rapporto tra operai e padrone è di: uno per gli operai, uno per i padroni. Noi deleghiamo sempre a qualcuno!!! E questo è sbagliato!!! Noi deleghiamo le organizzazioni sindacali, sperando che costoro risolvano i nostri comuni problemi di fabbrica. Spesso questo succede. Questo ci serve per capire una cosa: non dobbiamo aspettare che siano gli altri a risovlere i nostri problemi, ma dobbiamo essere noi stessi a farlo, tutti uniti.
Delegati di Reparto, Commissione Interna, Sindacati sono una cosa buona che serve a difenderci da tutta una serie di soprusi padronali a condizione che ci sia un controllo operaio su tutto quello che fanno. Perché Delegati, Commissione Interna, Sindacati devono essere al servizio della classe operaia e non un altro padrone. Perciò un sindacato che funziona bene è una cosa buona e indispensabile, ma non può bastere. Infatti, anche dopo il migliore accordo o contratto, lo sfruttamento rimane. L’azione sindacale infatti è come se continuasse a tappare i buchi di una tubatura marcia, quando invece è la tubatura che va completamente cambiata e ne va messa un’altra nuova. Per questo gruppi di operai, come in centinaia di altre fabbriche incominciano a fare delle azioni, non perchè comdanre e dirigere la classe operaia, ma per sviluppare la coscienza della base e creare un'unità pratica al di là delle tessere.
Quindi:
  • fare critiche anche al sindacato, non per distruggerlo, ma per metterlo al servizio degli operai; però lotta fianco a fianco del sindacato quando questo esprime in modo giusto le esigenze della base operaia
  • fare in modo che il sindacato ci sia e agisca, ma non di testa sua, bensì solo seguendo la volontà operaia delle assemblee
  • a ricordare a chi è stato eletto da tutti gli operai che non devono prendere loro le decisioni , ma devono fare solo quello che si è deciso dall’assemblea operaia.
Non c’è anziano o giovane, perché gli operai giovani sono sfruttati come quegli anziani.
Per questi motivi nasce il Comitato 14ma. La prima assemblea autoconvocata è sabato 7 maggio alle ore 14 presso l'Arci La Locomotiva alla stazione di Osnago. Per dare spazio a tutti, per qualsiasi idea e per riprenderci la 14ma scrivete al: comitato14mafomas@libero.it

Comitato 14ma Fomas

martedì 3 maggio 2011

In provincia sono arrivati ventidue profughi

Otto sono stati sistemati in un albergo di Calco

In Provincia di Lecco quest'oggi sono arrivati 22 profughi richiedenti asilo politico. Sono stati sistemati otto a Calco, otto a Bellano e itto a Barzio in strutture alberghiere. Godono dello status di rifugiati in attesa che la loro domanda venga valutata dagli organi competenti. Sono liberi di circolare e non hanno nessuna limitazione, tranne quella di soggionare nei centri dove sono ospitati pena il respingimento della loro domanda di aslio. Altri otto giungeranno domani e verranno collocati a Crandola Valsassina. Di loro si occupano la Caritas e la Croce Rossa Italiana. Ad ognuno dei profughi è concesso un contributo giornaliero per asslovere alle primarie necessità. Le strutture ospitanti sono convenzionate con la Protezione Civile ed i costi di vitto e alloggio sono minimi. In tutto sono trecento i richiedenti asilo provenienti, per lo più, da Costa D’Avorio, Mali, Niger e Nigeria che sono stati trasferiti stamane dal Cara - Centri di accoglienza richiedenti asilo - di Bari-Palese al centro della Croce Rossa di Bresso. 84 sono stati accolti nelle strutture della diocesi di Milano. In particolare 69 hanno trovato ospitalità a Milano e provincia (40 alla Casa della Carità di Milano, 9 al Pensionato Don Mezzanotti gestito dalla Fondazione San Carlo a Sesto San Giovanni, 10 al pensionato Botticelli di Lissone, 10 a Casa Betania a Rozzano), 15 a Varese e provincia (12 nella struttura del capoluogo in via Conciliazione, 3 a Casa Onesimo a Busto Arsizio). In tutte queste zone, compresa la Provincia di Lecco dove la Prefettura ha sistemato i richiedenti asilo negli alberghi, tutte le Caritas locali sono impegnate nelle fondamentali attività di supporto. I volontari forniscono vestiti, prodotti per l’igiene e sono disponibili per le iniziative di accompagnamento sociale che saranno programmate. Anche le altre Caritas lombarde hanno fatto la loro parte per trovare una sistemazione ai nuovi ospiti. Brescia ne ha accolti 5, Como 15, Crema 12, Cremona 18. I richiedenti asilo si aggiungono ai migranti arrivati prima di Pasqua che hanno scelto di rimanere nei centri. Complessivamente dunque su 300 richiedenti asilo 134 hanno trovato accoglienza nelle strutture messe a disposizione da associazioni, cooperative, fondazioni legate alle Caritas diocesane.

fonte dalla Rete

Battista Albani ancora Sindaco

Lunedì sera il nostro Consigliere Comunale Giovanni Battista Albani ha ricevuto a casa una telefonata da un operatore della Prefettura che lo ha informato che il Ministro degli Interni Roberto Maroni non avrebbe partecipato quest'oggi alla firma della Convenzione per la gestione associata della Polizia Locale fra i Comuni di Merate, Robbiate, Paderno D’Adda, Verderio Superiore e Verderio Inferiore. Pensavano che fosse ancora lui il Sindaco di Merate. Questo inverno gli avevano telefonato i Carabinieri per avvisarlo di una buca stradale e chiedergli di intervenire. Anche loro credevano fosse ancora il Sindaco. Questo significa che le rubriche dei Carabinieri e della Prefettura devono essere aggiornate, ma anche che il “nuovo” Sindaco di Merate non è molto conosciuto dalle forze dell’ordine. Strano per uno che punta sulla sicurezza... Almeno nel caso della Polizia Locale associazta bisogna però riconoscergli che non ha parlato molto ma ha lavorato.

Bloggers

Rampa di lancio

Brugarolo, via 25 Aprile, salendo appena dopo la rotonda all’incrocio con le via 2 Giugno e Sandro Pertini, dove hanno rifatto il passaggio pedonale rialzato. Il primo cartello indica di procedere a 20 chilometri orari ma quello subito dopo distante nemmeno tre metri dice di aumentare fino a 30 km/h. Forse bisogna accelerare per prendere velocità e sfruttare il dosso come rampa di lancio…


Francesco D.
abitante di Brugarolo

lunedì 2 maggio 2011

La sicurezza mistificata ed il federalcampanilismo leghista

Ammettiamolo, il Sindaco dalla camicia verde Andrea Ambrogio Robbiani ha avuto il coraggio di fare quello che Giovanni Battista Albani è stato in grado solo di annunciare ma non di portare a termine. Ma la decisione della gestione in forma associata con altri Comuni, targati Centrosinistra, della Polizia Locale è un segnale simbolico più che una svolta operativa. Gli agenti della Polizia Locale sono agenti della Polizia Locale, non carabinieri. Non hanno la preparazione e la strumentazione per arginare la criminalità. Basta che siano presenti all’ingresso e all’uscita da scuola per vigilare sull’incolumità dei nostri figli (cosa che non si capisce perché non succede più da qualche mese) e si occupino degli accertamenti sugli incidenti stradali, e, se proprio serve, di dare qualche multa. I ladri, i clandestini, i delinquenti li lascino a chi di competenza, non ne abbiano a male. Si accontentino di essere al massimo dei deterrenti con la loro presenza, che è già un bel risultato. Il segnale però, si diceva, è importante: Merate guarda oltre Merate, nel solco della strategia avviata con la passata Amministrazione - in pochi se ne ricordano o in tanti fanno finta di dimenticarlo anche fra coloro che della precedente Amministrazione facevano parte - con la Consulta permanente dei Sindaci, Retesalute, il Catasto decentrato, gli studi sovracomunali sul traffico, le piste ciclabili... Non si enfatizzi però, non si operino mistificazioni e si evitino le strumentalizzazioni e le politicizzazioni per favore. Un Ministro, il Ministro dell'Interno, per unire sotto un unico comando venti vigili sembra un’esagerazione e ha tanto il sapore di propaganda. Tanto più che i maggiori oppositori all’unificazione sono proprio i leghisti degli altri paesi, federalisti all‘estremo. Anzi campanilisti.

Marco Airoldi

Ospiti indesiderati

Domani martedì 3 maggio il Ministro dell’Interno Roberto Maroni è a Merate per la stipula della convenzione della Polizia Locale associata tra Merate, Robbiate, Paderno d’Adda e i due Verderio. Sulla scelta politica niente da dire, in Consiglio Comunale il Gruppo di “Insieme per Merate” ha votato convintamente a favore perché i contatti erano stati avviati durante la passata legislatura e onore al merito a chi ha portato a compimento il progetto. Purtroppo ancora una volta bisogna registrate lo sgarbo istituzionale verso i Consiglieri Comunali Di un invito nemmeno a parlarne, ma forse ci sono questioni di sicurezza. Ma un avviso o una informativa il Signor Sindaco poteva diramarli per pura cortesia. Forse che i Consiglieri Comunali di Minoranza sono ospiti indesiderati?

Bloggers

Immigrazione: l'aggregazione prima dell'integrazione

Ha preso avvio il lavoro della neonata Consulta Immigrazione di Merate. Nel recente incontro organizzato dalla Consulta, i rappresentanti delle Associazioni che sino ad ora vi hanno aderito (12 quelle presenti l'ultima volta) hanno avuto l’opportunità di conoscere quali siano le attività e l’esperienza di integrazione viste dall’osservatorio di Retesalute, dell’Istituto Comprensivo e della Scuola professionale Clerici.
Sono stati relatori della serata la dottoressa Maria Grazia Dell’Oro per Retesalute), il professor. Angelo Colombo preside dell'Istituto Comprensino e infine la professoressa Tiziana Pasta dirigente della Clerici.
Da Retesalute sono stati illustrati i riferimenti normativi che assegnano agli enti locali il ruolo di promuovere l’integrazione degli stranieri, l’entità del fenomeno nei Comuni del distretto al 31 dicembre 2009 e  e le principali caratteristiche delle presenze di stranieri nel meratese. La distribuzione delle nazionalità è elevata (questo è di notevole impatto nell’organizzazione scolastica), in alcuni paesi come Airuno la presenza di minori stranieri nelle classi supera il 30%, per cui è presente anche nelle nostro territorio quella che è definita “la classe plurilingue”, definizione che esprime la necessità di attrezzare l’insegnamento a questa nuova variabile.
Alcuni interventi attivati da Retesalute sono:
  1. nel corso delle prime due settimane di ingresso nelle classi degli stranieri offrire i minimi strumenti linguistici
  2. laboratori linguistici permanenti
  3. Corso di 35 ore per i neo arrivati
  4. Interventi di sostegno scolastico nel pomeriggio
Tutti questi interventi sono realizzati da Retesalute insieme alle Scuole, le risorse scarse di entrambe, vengono messe in comune dai due organismi.
Oggi a Merate lo sportello stranieri è svolto dai patronati , presso i cui uffici è possibile rivolgersi per la richiesta di documentazione.
Nel corso dell’incontro sono state annunciate due novità in arrivo:
  1. ACI, Associazione Nazionale Comuni Italiani sta promuovendo il passaggio agli Uffici Anagrafe comunali delle operazioni relative alla richiesta di permesso di soggiorno.
  2. La seconda importante novità sta nell’arrivo a supporto del lavoro svolto dagli uffici dei servizi sociali di Merate di una mediatrice culturale, la persone che proviene da un paese nordafricano media la relazione tra il singolo e l’ente comune sia con la lingua che con la conoscenza della cultura ed abitudini diverse.
L’intervento del professor Colombo è stato dedicato agli aiuti messi in campo dall’Istituto Comprensivo di Merate verso gli alunni ed alla lettura del fenomeno dell’integrazione attraverso il punto di osservazione della scuola. Sono emerse chiaramente alcuni spunti ignoti ai non addetti ai lavori.
  1. Il fenomeno della scolarizzazione degli stranieri è stato affrontato finora a livello ministeriale senza alcuna valutazione di quale siano i contenuti da sviluppare in una scuola che vede la presenza spesso alta di minori stranieri. In poche parole le richieste dei programmi ministeriale non sono state “riviste” alla luce del fenomeno di minori che con conoscenze linguistiche di livelli diversi, con genitori che in molti casi non sono nelle condizioni di aiutare la scuola nel compito di apprendimento, entrano in classi sempre più numerose
  2. Occorre far partecipare maggiormente i genitori alla vita della scuola e questa indicazione ha prodotto la più inaspettata notizia appresa nel corso della serata. I genitori degli stranieri che non trascurano la relazione con la scuola e con gli insegnanti, mostrano una “considerazione antica” verso l’istituzione e il lavoro di insegnamento. Queste figure che hanno vinto la “vergogna” degli anni scorsi ad avvicinarsi alla scuola per la loro non comprensione della lingua li vede ora partecipi con un senso di rispetto dell’autorità della scuola ampiamente messo in discussione spesso dalle famiglie e dagli alunni italiani
  3. La richiesta dell’Istituto Comprensivo è l’istituzione di corsi di italiano per i genitori che possano in tal modo a casa essere coinvolti nel percorso di apprendimento dei minori
E’ vero che i minori aiutano i loro genitori nella comprensione, ma il percorso educativo ed i rapporti con la scuola li tiene la famiglia e l’incomprensione linguistica è ostacolo alla relazione.
Il terzo intervento della dottoressa Pasta ha preso avvio dalla presenza tra i 231 alunni dell’ Istituto professionale del 24% di minori stranieri appartenenti alle più svariate provenienze geografiche: 29% Nord Africa,  23% Est europa, 23% Centrafrica, 10% America del Sud, 4% India  e Bangladesh. La media per classe è di 5 provenienze diverse, in alcune si arriva fino ad 8. Questo provoca fatica nelle relazioni perché l’incontro non è solo tra persone ma anche tra culture diverse. La prima richiesta del Clerici è quella di dare continuità ai progetti si sostegno ai docenti, per esempio quello previsto dal Piano al diritto allo studio del Comune di Merate (“Essere cittadini consapevoli”). Il sistema delle doti regionali sottrae continuamente risorse alle scuole professionali. Il mondo esterno all’ambiente scolastico, percepisce l’allievo straniero come un problema. La riflessione che ha svolto la preside invitava a capire la fatica che questi ragazzi vivono sulla loro pelle, provenendo da famiglie diverse, cercando di fare il possibile. Chi cerca di integrarsi lo può fare anche nel male, perché il bisogno di non isolarsi è forte nei ragazzi è la via più breve è sempre quella delle dinamiche di gruppo, che la società considera dannose perché premessa del comportamento delinquenziale. Il ragazzo di recente immigrazione vive inoltre il distacco del viaggio, ha fresco il ricordo del suo paese di origine, dei suoi affetti troncati.. Chi nasce in Italia può riscoprire nell’adolescenza che egli è straniero ed entrare pertanto in un gruppo etnico. La docente invita a partire da qualche idea nuova: riflettere sull’importanza del particolare tipo di famiglia in cui questi minori sono crescono. Essa arriva in Italia non come famiglia strutturata, perché nella stragrande maggioranza dei casi, ci sono processi migratori diversi che coinvolgono i diversi membri. Il ricongiungimento avviene negli anni e la relazione entro la coppia è cambiata. Se è difficile dare senso ai ruoli all’interno della famiglia nell’adolescenza pensiamo cosa significa per i figli essere stati accuditi dai nonni a dalle zie e poi vivere un ricongiungimento a 10- 12 anni o dopo. Non c’è riconoscimento tra di loro,tra genitori e figli. La scuola vive questa emergenza educativa, riconosce di avere ragazzi difficili, ma occorre capire che la famiglia ha dei problemi seri. I genitori hanno in diversi casi paura del figlio stesso, perché egli mostra un senso di non appartenenza alla famiglia è questo è spesso forte anche entro le famiglie italiane. Ha chiuso infine indicando dove risiede la sua maggiore attenzione: non esiste solo un problema linguistico , ma relazionale. Manca in modo evidente la socializzazione fuori dalla scuola, lavorare sull’aggregazione che precede l’integrazione.
L’incontro dopo uno scambio di opinioni su quanto sentito, ha visto la Presidente della Consulta Maria Adele Dell’Orto confermare l’iniziativa in cantiere con l’Assessore ai Servizi sociali di un incontro sull’esperienze di integrazione degli stranieri, da tenersi in sala civica in una data prima dell’estate. La Consulta ha accolto inoltre la richiesta ricevuta dall’Assessore Emilio Zanmarchi, di chiamare a farne parte il Presidente della Commissione comunale Servizi alla persona Luciano Marsoni.

Cesare Perego
Segretario della Consulta
e Capogruppo Consiliare
di "Insieme per Merate"

domenica 1 maggio 2011

Costituzione sotto pressione

Individualismo e benessere hanno appannato i valori ideali da cui è nata la Costituzione

Operazione di retroguardia? L’affaccendarsi confuso attorno alle riforme costituzionali, il succedersi di tentativi di modifiche, benché per lo più falliti, hanno dato corpo al mito di una Costituzione da riscrivere, perché inadatta a reggere l’età della globalizzazione, di Internet, ecc. Si versa pertanto in un continuo, strascicato, momento costituente, con ineluttabile, conseguente, banalizzazione della Costituzione. Vero è che nell’estate del 2006 un progetto di revisione integrale della seconda parte della Costituzione è stato bocciato dal corpo elettorale, ma, di fronte al continuo parlare di riforme e a una vena demistificatoria e revisionista che gioca a indebolire le residue fondamenta di senso (o «miti fondativi») — Resistenza, antifascismo, Costituzione — di una Repubblica sempre più liquida e sbriciolata, «tenere alta» la tensione risulta difficile. La difesa della Costituzione, nel tempo in cui il «riformismo» assurge a valore, è screditata come operazione di retroguardia.
Imbrigliare il potere. Quando il ritmo delle riforme tentate segue quello dell’alternarsi dei Governi, forte è il sospetto che si tratti di operazioni di potere alla cui logica congiunturale tutto, anche la Costituzione, si vorrebbe piegare. Ma la Costituzione è strumento creato per imbrigliare e orientare il potere. La difesa della Costituzione deve dunque essere responsabilità assunta in proprio dalla cultura e dalla società civile; affidarla al potere significa mettere la proverbiale faina a guardia del pollaio. Un errore altrettanto grave sarebbe quello di ritenere acquisite le conquiste che essa ha suggellato. Nessun principio, nemmeno quello che ci appare più elementare e scontato, sopravvive a lungo se non è incarnato e continuamente vivificato dalla testimonianza, più ancora che dalle parole, degli uomini di ogni tempo.
Angustia etica. E tuttavia il dibattito sociale e politico nel nostro Paese appare fortemente schiacciato sulla congiuntura e dunque inadeguato a sostenere il «respiro» dei valori costituzionali. Sicuramente lo è il sistema partitico il cui orizzonte, abbandonata la dimensione del progetto o dell’ideologia, è ristretto a quello della legislatura; ma lo sono anche i cittadini quando reagiscono visceralmente ai temi della politica e vi si collocano nella posizione, tipica del consumatore di beni voluttuari, dell’«io-qui-adesso». Questa angustia etica non si addice al cittadino della democrazia, per il quale è essenziale sentirsi parte di un «noi», e ancor meno al cittadino di una democrazia costituzionale, che è chiamato a sentirsi parte di una «storia» di quel «noi», a riconoscersi debitore di un «passato», a cui si deve, non solo idealmente, la libertà, e responsabile di un «futuro», a cui si deve garantire possibilità di vita degna.
Beni che dividono. Questo smarrimento di senso rischia perfino di ingenerare l’impressione rassegnata di essere di fronte a una decadenza, per così dire, «biologica» di civiltà. Certo è che questo tempo appare, per il diritto e ancor più per il diritto costituzionale, particolarmente difficile. Non solo perché il diritto è stato costruito, soprattutto a partire dal positivismo sette-ottocentesco, più sullo Stato — la cui forza appare declinante — che sulla società, ma anche per ragioni di tipo culturale. Non intendo su questi fattori dilungarmi, essendo processi largamente esplorati e noti. Voglio solo richiamare il diffuso individualismo, frutto forse del primato, nel sistema dei valori sociali, dell’economico, che rende l’accumulazione di ricchezza e di notorietà i misuratori infallibili della realizzazione individuale. Ricchezza e fama sono per natura beni che dividono, solleticano invidia ed egoismo sociale. Il tessuto di una comunità si lacera quando questi sentimenti dilagano. E certamente il diritto soffre perché la società è diventata più disgregata, avendo perso i collanti naturali. Anche quell’omogeneità veicolata in passato da fattori di carattere etnico, di nazionalità e lingua, ha ceduto il passo a una mescolanza, ricca e complessa, di popoli e culture. In questo contesto, trovare regole condivise appare operazione ardua, e tuttavia sempre necessaria, ed il diritto propone il suo volto meno amato, quello dell’imposizione, del potere.

Filippo Pizzolato
(professore di Diritto pubblico
nell’Università di Milano-Bicocca)

Le ordinanze dei sindaci: basta una parola

L’abuso dei poteri di emergenza non è certo un fenomeno solo italiano. Poteri e procedure semplificate sono sempre esistiti in tutti gli ordinamenti giuridici, per far fronte a catastrofi naturali, eventi bellici e altre situazioni imprevedibili, ne quid res publica detrimenti caperet.

uesti poteri sono comodi: consentono di adottare misure immediate, evitando i tempi lunghi e le insidie del procedimento legislativo e dei controlli amministrativi. Ma, naturalmente, implicano la rinuncia alle garanzie di democrazia e di legalità, che sono alla base di quelle procedure e di quei controlli. E, soprattutto se usati frequentemente, possono implicare lo spostamento di competenze e la modificazione di fatto della forma di governo. Ne sanno qualcosa quei costituzionalisti statunitensi che criticano l’abuso, da parte di molti presidenti, dei poteri di emergenza per affrontare problemi duraturi e non imprevedibili1: dalla “guerra al terrore” alla “guerra al crimine”, dalla “guerra alla droga” alla “guerra alla povertà”, l’uso delle parole non è casuale, serve a giustificare l’uso di poteri eccezionali e il rafforzamento irreversibile del potere esecutivo.
I governi italiani non hanno certo nulla da imparare su questo piano. Hanno usato per decenni il decreto-legge, che la Costituzione prevede per situazioni eccezionali, come canale di ordinaria legislazione: negli ultimi anni, i decreti-legge sono quasi l’unico canale di legislazione. Non contenti, i vari governi utilizzano spesso un ulteriore strumento, ancora più libero da vincoli e controlli: quello dei provvedimenti amministrativi d’urgenza, per lo più ordinanze di protezione civile. L’esempio più pittoresco di questo abuso è dato forse dalla materia dei cani pericolosi, che non sono certo una catastrofe improvvisa: la materia è stata disciplinata dapprima da un’ordinanza del Ministro della salute del 2008, che prevedeva misure di buon senso ma era di dubbia legittimità, in quanto dettava una disciplina permanente; poi da una nuova ordinanza del 2009, questa volta emanata da un sottosegretario, che fa a pugni con il buon senso e la cui legittimità è ancora più dubbia (tra l’altro, prevede un regolamento di attuazione: il che, dal punto di vista della teoria delle fonti del diritto, è a dir poco stravagante). Tutto ciò con un tipo di atto che dovrebbe servire a gestire situazioni di emergenza2. Quando non ha voglia di emanare provvedimenti d’urgenza, poi, il governo nomina un commissario, per esempio per realizzare un’opera pubblica, al quale conferisce ampi poteri di deroga alle norme vigenti.
Se questi sono gli esempi che vengono dal governo nazionale, non può stupire che anche al livello locale si abusi degli strumenti che la legge mette a disposizione dei sindaci, che sono tra i pochi organi pubblici ai quali è consentito adottare provvedimenti d’urgenza. O, per lo meno, è inevitabile che qualcuno degli ottomila sindaci italiani ne abusi, dando prova se non altro di fantasia. Così, i sindaci usano questi poteri per disciplinare materie come l’uso degli spazi pubblici, l’abbigliamento dei cittadini e degli stranieri e le loro pratiche religiose, travalicando facilmente i limiti delle competenze comunali e del buon senso, comprimendo disinvoltamente i diritti costituzionali (come la libertà di riunione o di religione) e perfino sostituendosi alla legge penale (come quando viene proibita la cessione di stupefacenti…). Usano strumenti giuridici, che dovrebbero servire per tutelare la sicurezza dei cittadini a fronte di situazioni imprevedibili, per tutelare il buon costume, pretendere le buone maniere, modellare la società secondo le loro preferenze: di qui la pittoresca immagine dei “sindaci sceriffi”.
È su questa materia che è intervenuta la bella sentenza n. 115 del 2011 della Corte costituzionale, che ha censurato una norma del testo unico degli enti locali, inserita con il “pacchetto sicurezza” del 2008 per ampliare il potere dei sindaci di adottare ordinanze “contingibili e urgenti”. La sentenza, in effetti, si limita a espungere una singola parola dalla legge. La parola in questione non è “contingibili” (che pure meriterebbe di essere espunta, ma che ha una sua tradizione amministrativa), bensì “anche”.
Per come la disposizione era stata scritta (“il sindaco … adotta … provvedimenti, anche contingibili e urgenti”), infatti, essa conteneva due diverse norme, che la Corte ha identificato. La prima consente di emanare ordinanze contingibili e urgenti, cioè straordinarie, per far fronte a casi imprevedibili: questa norma non era rilevante nel caso all’esame della Corte, ed è rimasta. La seconda consentiva di emanare ordinanze “ordinarie”: questa norma è venuta meno con l’intervento della Corte, che ha cancellato la parola “anche”.
È bastato togliere una parola, dunque, per riportare la legge al rispetto della Costituzione. Ma l’aspetto più interessante è che, tra le varie strade che avrebbe potuto percorrere per censurare la legge impugnata, la Corte ha scelto quella basata sull’art. 23 della Costituzione, che contiene la più forte enunciazione del principio di legalità. In sostanza, la legge, attribuendo ai sindaci un potere “innominato”, in bianco, per far fronte a generiche esigenze di sicurezza, consentiva ai sindaci stessi di imporre ai cittadini obblighi che solo la legge può imporre.
È una decisione apprezzabile, che richiama al rispetto delle procedure normali e del riparto delle competenze tra organi pubblici. Ma è anche la dimostrazione che la giustizia costituzionale non è sufficiente a contenere le intemperanze dei politici sceriffi. Per togliere di mezzo una norma incostituzionale ci sono voluti: un sindaco che ha emanato un’ordinanza contro l’accattonaggio; un’associazione antirazzista che la ha impugnata; un tribunale amministrativo regionale capace di porre la questione alla Corte in termini corretti; e tre anni di tempo. Tutto per eliminare un “anche”, che purtroppo riguarda solo i sindaci, e non il governo nazionale o quelli regionali.

Bernardo Giorgio Mattarella