Il direttore Don Roberto Davanzo: «La legge sulla nazionalità per via ereditaria non è più adeguata. Bisogna riformarla. Investire nella mediazione culturale a scuola». Presentato a Milano l’XXI Dossier Immigrazione 2011.
Gli stranieri in Lombardia superano per la prima volta il milione. La loro crescita è dovuta sia ai nuovi ingressi sia, in maniera significativa, alle nascite. Nelle scuole il numero di iscritti stranieri continua a salire, seppure meno che in passato. Sul fronte lavorativo, si conferma come lo scorso anno una diminuzione degli immigrati occupati e, per la prima volta, calano le rimesse, in modo più evidente proprio in Lombardia. Segno che la crisi economica colpisce gli stranieri, ma non li scoraggia a cercare nella regione più produttiva del Paese nuove opportunità.
Questi i dati principali sulla realtà lombarda, contenuti nel Dossier Statistico Immigrazione 2011 (clicca sul testo evidenziato in grassetto e sottolineato per accedere al dossier), presentato oggi all’auditorium San Fedele di Milano. I residenti stranieri in Lombardia continuano a crescere. Rispetto al 2009 l’incremento è pari all’8,4% e porta la popolazione immigrata regolarmente residente nella regione a superare per la prima volta il milione (1.157.000 unità, secondo la stima di Caritas), un quarto della popolazione straniera in Italia. Con un cittadino immigrato ogni 10 (a fronte di una media nazionale di uno ogni 13) la Lombardia si conferma, dunque, la regione più multietnica d’Italia.
Il continuo incremento è dovuto sia ai nuovi ingressi sia, ed in maniera sempre più
significativa, ai nuovi nati. Le donne straniere fanno in media il doppio (2,48) dei figli delle italiane (1,25). Il maggiore tasso di natalità tra gli immigrati ha fatto sì che in Lombardia nel 2010 un neonato su tre sia stato partorito da una madre straniera. La maggiore prolificità degli immigrati e i ricongiungimenti familiari hanno un impatto anche sulla popolazione scolastica. Nell’anno scolastico 2010-2011 sono continuati ad aumentare gli iscritti immigrati. Il loro incremento, pari al 5,4%, è tuttavia molto inferiore a quello dell’anno precedente, quando era del 10,5%, confermando una flessione che proprio nell’anno scolastico 2008-2009 era stata registrata per la prima volta.
Cambiamenti caratterizzati dal segno meno riguardano, invece, il lavoro e il reddito degli immigrati. Calano gli occupati, come era già accaduto, in modo inedito, l’anno precedente. Questa volta, però, la riduzione è ancora più marcata: 1,9% nel 2010 rispetto allo 0,8% nel 2009. Il calo è tuttavia inferiore a quello che riguarda nel complesso la forza lavoro nella regione che scende del 3,3%. Secondo gli autori del Dossier questo dato dimostra che la crisi economica ha colpito anche gli immigrati. Ma costoro più degli italiani sono riusciti a conservare l’occupazione, adattandosi a svolgere mansioni anche meno retribuite
o più precarie, come lascerebbe intendere anche l’altra novità rilevante del Dossier 2011: la diminuzione delle rimesse, dato in controtendenza rispetto agli altri anni. In Lombardia, da cui proviene un quinto (19,3%) del totale delle rimesse nazionali (6.385 milioni di euro), la flessione ha toccato il 7,2%, una percentuale significativamente più alta delle media nazionale (5,4%).
«La crisi ha impoverito anche gli stranieri, ma non li ha spinti a tornare in patria o a dissuadere i propri connazionali dal raggiungerli» ha commentato don Roberto Davanzo. Secondo il direttore della Caritas Ambrosiana «i dati del Dossier dimostrano che l’Italia è ormai un paese strutturalmente multietnico, multiculturale e multi religioso. La Lombardia, in particolare, si trova all’avanguardia di questa trasformazione. E questo, che lo si voglia o no, è un processo inarrestabile. Prenderne atto significa allora fare i conti con questa realtà. Cominciando, ad esempio, dal risolvere il paradosso dei figli dei migranti, stranieri per legge, anche se italiani per cultura. Ci sono ragazzi che nonostante siano nati in Italia, abbiano frequentato le nostre scuole e parlino meglio la nostra lingua di quella di origine della loro famiglia, possono esser un giorno rimpatriati in un paese che non conoscono, solo perché il padre o la madre perdono il lavoro e con questo il diritto al soggiorno». «Casi come questi - ha ricordato don Davanzo - sono più frequenti di quanto si pensi e dimostrano che la legge sulla cittadinanza in Italia basata sul solo jus sanguinis, per cui la nazionalità si trasmette per via ereditaria, non è più adeguata al nuovo contesto. Ben vengano, quindi, tutte le proposte per una riforma della legge». «Dobbiamo anche fare sentire i figli degli immigrati a casa loro nel nostro paese a cominciare dalla scuola – ha aggiunto il direttore di Caritas Ambrosiana. E allora è paradossale che al progressivo aumento degli alunni stranieri nella scuola le istituzioni abbiano risposto riducendo le figure di accoglienza e mediazione. Anche in questo caso molto c’è ancora da fare».