sabato 20 agosto 2011

L'eredità pesante dell'area Cazzaniga non ci esime dalla responsabilità di mantenerla pulita

Gentili "Insieme per Merate"
ho letto su il vostro blog, quanto sottolinea il cittadino per l'area Cazzaniga e mi sono permesso di fare un giro per visionare di persona quanto riportato.
Effettivamente aveva ragione. La zona esterna versa in uno stato di grande abbandono, degrado e sporcizia ma anche pericolo. Da quello che ho constatato ci sono molti rifiuti, i graffiti sono tracciati ovunque e si avverte odore di urina. Su una porta sono spalmate anche delle feci. I teppisti hanno provocato parecchi danni ci sono vetri di bottiglie sparsi d'ovunque e lattine abbandonate che possono provocare incidenti e infortuni se qualcuno dovesse caderci sopra.
Mi spiace vedere come l'area Cazzaniga si ridotta. E' costata una cifra notevole pagata con i soldi di tutti noi contribuenti e l'amico e Assessore ai Lavori Pubblici Massimo Panzeri ha investito notevoli energie per portarla a compimento. Spero si provveda quanto prima a installare telecamere di videosorveglianza per bloccare questa situazione potenzialmente pericolosa.
Anche quello che viene chiamato anfiteatro andrebbe sistemato. Si parlava che dovesse essere uno spazio per ospitare manifestazioni pubbliche, ma ci vorrebbe almeno una tettoia per proteggere gli spettatori in caso di pioggia e magari attutire i rumori per non disturbare i residenti. Sono stato spesso in Alto Adige ed ho notato che lì tutte le strutture simili sono dotate di ripari almeno su parte del palco.
L'area Cazzaniga è un'eredità pesante che ci hanno lasciato le precedenti Amministrazioni, ma questo non ci può esimere da una responsabilità oggettiva e non ci può giustificare dal compito di mantenerla pulita e di garantirne la fruibilità in sicurezza.
Grazie per l'ospitalità,
Cordiali saluti,

Massimo Adobati
Consigliere Comunale

venerdì 19 agosto 2011

In Italia ci sono più fuoriserie che che contribuenti che dichiarano più di 75mila euro

La manovra si abbatte solo sulle fasce medie che già pagano le tasse, cioè sui lavoratori dipendenti e sugli autonomi onesti.

Tra pochi giorni sarò chiamato a valutare la manovra economica proposta dal Governo Berlusconi.
Nessuno nega, neppure i recenti documenti dell'ANCI, che la situazione economica critica e difficile che l'Italia in particolare attraversa abbia bisogno di risposte strutturali e di sistema e di sacrifici da parte di tutti, ma ritengo assurdo (altro che federalismo...) pensare di risolvere i problemi dello Stato tagliando ancora risorse ai Comuni che, stretti all'angolo, saranno costretti a far pagare ancora il cittadino con un aumento dei costi dei servizi. Non posso dimenticare inoltre che la mia storia politica dipende quasi esclusivamente dai ruoli che ho rivestito per un decennio come Sindaco della mia comunità, Vicepresidente nazionale dei Sindaci dei piccoli Comuni, ecc. Conosco altresì un'altra storia, quella di Sindaci e Assessori di piccoli Comuni degli ultimi vent'anni in questo territorio, che è in gran parte memoria di impegno serio, di sacrifici per la propria comunità e di scarsi compensi.
Sono quindi convinto che caricare sui Comuni ancora una volta un peso sproporzionato in questa manovra che si cumula con quello degli anni precedenti, porterà a un'ulteriore diminuzione della spesa per investimenti, che, causa la continuazione della "follia" dei limiti del patto di stabilità, verranno ancor più limitati interventi e iniziative che sarebbero in gran parte servite alle imprese locali, con l'aggravante del sempre più diffuso blocco dei pagamenti. Inoltre sui Comuni si scaricheranno anche le spese conseguenti ai tagli effettuati a Ministeri e Regioni, per esempio sulle politiche sociali, mettendo così a rischio servizi essenziali per le famiglie e i cittadini più deboli.
Ma si pensa davvero che un intervento serio sui costi della politica si realizzi eliminando le Amministrazioni Comunali di comunità storiche o riducendo a meno della metà i consiglieri comunali, togliendo così a parecchi giovani una prima esperienza significativa di democrazia e di attenzione alla propria comunità.
Mi è già capitato di dichiarare che si deve intervenire con serietà, altrove, nei costi dei partiti e nel loro finanziamento pubblico, sull'eliminazione delle centinaia di enti inutili, sempre promessa e mai mantenuta, sulle indennità e sul numero di noi parlamentari e consiglieri regionali, con l'assurdità che non si tiene in nessun conto la produttività degli stessi, le proposte, i disegni di legge portati alla realizzazione, le presenze nelle Commissioni (vero fulcro dell'attività parlamentare) e il continuo raccordo con il mondo economico e produttivo del proprio territorio. Basta verificare che il contributo di solidarietà è chiesto a chi dichiara di più e non a chi possiede di più e la manovra è caricata sulle spalle del ceto medio e degli onesti che pagano le tasse. Infatti, sono pochi coloro che dichiarano più di 90 mila euro l'anno. Dobbiamo guardare alla realtà del Paese: ci sono più macchine che costano 100.000 euro che redditi annui superiori ai 75.000... Inoltre, il 49% dei contribuenti, uno su due, dichiara meno di 15.000 euro all'anno. Quindi la manovra si abbatte solo sulle fasce medie che già pagano le tasse, cioè sui lavoratori dipendenti e sugli autonomi onesti.
Un caso a parte merita il contenzioso che si è aperto in questi giorni con i calciatori professionisti, dal momento che giuridicamente sono dei lavoratori dipendenti che però, soprattutto nei casi più famosi, concordano con le società contratti per compensi netti e dunque col rischio che, le ingenti quote di solidarietà finiscono per essere a carico delle società già in evidente difficoltà economica. Ma se sono così pochi coloro che in Italia denunciano oltre 90.000 euro lordi, prima di stabilire soglie di tassazione sulla carta, bisogna guardare la realtà del Paese e affrontare serenamente il tema dell'evasione fiscale reintroducendo misure abolite in questi anni dal governo Berlusconi.
Ma tornando al tema Enti Locali-manovra, forse occorre una riflessione seria che attui una chiara definizione delle funzioni dei vari livelli istituzionali che superi ogni sovrapposizione e duplicazione dei compiti che allungano tempi di realizzazione e rendono opache le responsabilità, in un contesto di vera attuazione del titolo V della Costituzione. Si può eliminare la Provincia di Lecco e non discutere del ruolo della Regione Molise che ha meno abitanti, quella di Brescia che ha quasi il doppio degli abitanti della Basilicata? Oppure continuiamo a chiudere gli occhi, in attesa di un concetto comune di montagna, sulle Comunità Montane ancora attive in località turistiche sul mare?
I piccoli Comuni, soprattutto in Lombardia, sono il comparto della Pubblica Amministrazione che più ha contribuito al miglioramento dei conti pubblici, che già recentemente hanno subito per il contenimento delle spese della politica, la riduzione del 20% di consiglieri per un'effettiva razionalizzazione, ma per restituire più credibilità alla politica siamo sicuri che occorra cominciare da qui?
Io la penso diversamente e mi impegnerò di conseguenza.

Capogruppo P.D. Commissione VII Senato

giovedì 18 agosto 2011

Ufficio decentrato "on sale"!!

Si passa in Comune un mercoledì d'agosto, al protocollo. Passando per i corridoi del piano primo si intravedono simboli dell'amata Provincia di Lecco in ogni dove, nemmeno ci trovassimo nel capoluogo...basta un attimo ed alla mente torna la solenne cerimonia di inaugurazione degli uffici decentrati della Provincia a Merate. Quali rivoluzione copernicana! Quale ausilio per le migliaia di cittadini che prima avrebbero dovuto sobbarcarsi kilometri di strada per giungere sino a Lecco. Sicuramente tutti ne saranno entusiasti dato che l'ente Provincia è uno dei più contattati dal semplice cittadino!?! Ma sarà così? Sorge un dubbio... Non si scorge nessuno allo sportello, anzi, la ragazza alla postazione osserva con malcelata noia da "che tristezza far nulla". Potrebbe essere il vuoto agostano che attanaglia gli uffici. No, confermano da un breve sondaggio, l'ufficio è pressochè sempre deserto!
Quella rivoluzione federalista, che già all'epoca era parsa una farsa teatrale, ecco che si mostra nella sua realtà: inutile! Un'impiegata obbligata a spostarsi una volta a settimana a Merate all'unico fine di attendere in mesto silenzio il termine della giornata lavorativa.


Abracadabra

mercoledì 17 agosto 2011

Dal "medioevo" alla prestoria

Il manifesto elettorale di Robbiani sindaco
Sono passati due anni, due anni e due mesi a dirla tutta, dall’insediamento della nuova Amministrazione Comunale di Merate. Andrea Robbiani aveva promesso un nuovo rinascimento rispetto al medioevo della precedente Giunta. Non abbiamo assistito a nessuna rinascita di Merate, siamo anzi tornati alla preistoria. In ventisei mesi sono stati portati a termine solo i lavori già cominciati, del Cdd non c’è traccia, il PGT si è ridotto ad un gran parlare senza idee. Anche lo slogan scelto per la campagna elettorale fa sorridere. Per rendere Merate più vivibile il sindaco ha complicato la vita agli automobilisti e agli abitanti chiudendo le strade e obbligandoci tutti a giri dell’oca. Per renderla più solidale si è messo a dare la caccia ai vucumprà e rompere le scatole agli ambulanti di colore. Per renderla più accogliente ha svuotato il centro storico con tariffe per i parcheggi che non si sognerebbero neppure sotto il Colosseo a Roma. Per renderla più produttiva ha tarpato le ali alle associazioni di volontariato rendendo impossibile ogni manifestazione pubblica che porti gente in piazza. Per renderla più sicura fa dare le multe ai pedoni che attraversano fuori dalle strisce… Andrea Robbiani sindaco, il fallimento di Merate.

Infiltrato

martedì 16 agosto 2011

C'è da vergognarsi

Buona sera, ho parcheggiato presso l'area Cazzaniga e prendendo l'ascensore per salire all'aperto con stupore ho constatato il degrado in cui versa ha questa zona. Vi allego alcune fotografie esemplificative. Mi chiedo cosa faccia il Sindaco di Merate per mantenere pulita l'area e come possa non vergognarsi per l'incuria in cui è abbadonata
Grazie

Marcello Passera



lunedì 15 agosto 2011

La ragione delle scelte

Cari milanesi
sono passati appena due mesi da quando mi avete eletto sindaco della nostra città. La ricchezza più grande di questa esperienza, quella che non possiamo permettere che vada dissipata, è stata la vostra straordinaria partecipazione in risposta alla mia volontà di ascolto. Ho assunto con voi l'impegno di trasformare Milano e sono certo che è quello che faremo, insieme, nell'arco dei cinque anni che ci aspettano. Oggi che il compito di governare ci impone scelte difficili eccomi dunque a parlare direttamente con voi e a spiegare le nostre decisioni. Non vi parlo delle tante cose fatte in queste poche settimane, ma affronto un tema delicato come credo sia mio dovere, con chiarezza e trasparenza. 
Non sono state decisioni facili. Conoscete le ragioni: il bilancio che abbiamo trovato era un bilancio non veritiero, le entrate più importanti semplici voci astratte (cessione di quote di società importanti come Serravalle e Sea), come se nel vostro bilancio casalingo ci fosse il corrispettivo del servizio buono di piatti, che però dovete ancora vendere. E i primi a riconoscerlo sono stati proprio i revisori dei conti del Comune che avevano anche informato l'ex sindaco della reale situazione del bilancio comunale. La Moratti aveva annunciato 48 milioni di attivo mentre c'era un disavanzo di 186 milioni di euro. A questo si è aggiunta la manovra del Governo che, per superare le difficoltà dello Stato, ha spostato nuovi oneri sui Comuni. Al Comune di Milano questa manovra costerà
100 milioni di euro.  Ma la cosa più difficile sono i vincoli che siamo costretti a rispettare per quello che si chiama Patto di stabilità: se i conti non sono a posto, calano i trasferimenti. E ciò vorrebbe dire per il 2012 altri 90 milioni in meno, oltre all'obbligo di eliminare spese correnti per 353 milioni.
 Sono cifre impressionanti. Ma dietro quei numeri che possono sembrare astratti si nascondono cose molto concrete: il posto all'asilo nido, il bonus per i bambini, la ristrutturazione della case popolari che oggi sono sfitte e che vogliamo mettere sul mercato, i pasti a domicilio per gli anziani, i contributi attraverso il Fondo anticrisi alle persone in difficoltà. Se non risanassimo, non potremmo nemmeno pagare i fornitori del Comune; dovremmo cancellare lo sportello imprese; non saremmo in grado di sostituire i 42 'ghisa' che a settembre andranno in pensione; saremmo costretti a tagliare il 10 per cento delle corse dei mezzi dell'Atm.     
Non avevamo molte strade. Non è affatto vero, come qualcuno ha affermato, che avremmo potuto tassare i grandi patrimoni; 'castigare' i Suv; far pagare di più chi ha un reddito più alto o intervenire sulle transazioni finanziarie. Il Comune non ha questo potere. Sono le leggi dello Stato a stabilire che cosa si può fare. Introdurre l'addizionale Irpef era l'unica cosa che la legge ci consentiva di fare. L'aliquota dello 0,2%, quella che abbiamo introdotto, è la più bassa tra quelle di tutte le grandi città italiane: a Roma è dello 0,9; a Torino 0,7; a Bergamo 0,6; a Bologna 0,5. Mentre la nostra soglia di esenzione è la più alta del nostro Paese: oltre il 70% dei milanesi non pagherà nulla.
Sul rincaro dei biglietti - che ci è imposto per legge  -  siamo stati costretti ad alzare il prezzo del biglietto ordinario a 1,50 euro per evitare ogni aumento degli abbonamenti annuali e mensili, così che chi utilizza regolarmente i mezzi pubblici non dovrà pagare nulla in più rispetto a oggi. Potrà viaggiare gratis chi supera i 65 anni e ha un reddito basso; l'abbonamento studenti è stato esteso a tutti i ragazzi sotto i 26 anni, comprendendo quindi anche i giovani lavoratori, e saranno anche introdotte misure a favore di cassintegrati e disoccupati.
Non c'era alternativa e la sofferenza per dover percorrere questa strada mi porta a impegnarmi ancora di più in quello che era già il mio intendimento: una seria e severa lotta all'evasione. Quello che chi ci ha preceduto, nei suoi 18 anni di governo, non ha fatto e oggi noi non siamo disponibili ad accettare lezioni da chi ha impoverito la città e imbrogliato i milanesi. Abbiamo assistito a un surreale ribaltamento della realtà: abbiamo sentito difendere le categorie deboli da chi ha sempre fatto gli interessi dei forti; da chi ha cercato di trasformare una grande capitale morale in una piccola capitale ministeriale.
 Cari milanesi, avevamo solo due strade: chiudere gli occhi, mantenere il deficit e ipotecare il futuro oppure chiedervi sacrifici, risanare il bilancio e investire risorse per costruirlo, il futuro. Sto chiedendo a tutti voi di fare la vostra parte per dare a Milano il futuro che vogliamo. Tutta l'Italia guarda a Milano. Non possiamo condannare Milano, non possiamo deludere l'Italia.

Giuliano Pisapia
Sindaco di Milano