Scrivere questa lettera mi costa fatica, ho dovuto superare il dolore - che si prova di fronte alla sofferenza del popolo giapponese tanto duramente colpito - per rispondere al dovere di dire ciò che si pensa. Il terremoto e il conseguente tsunami hanno colpito in profondità ed hanno fatto emergere la pochezza del potere degli uomini di fronte alla natura. La prima vittima è stata la supponenza e la protervia degli uomini che hanno creduto di poter governare i cicli naturali, le stagioni, gli assestamenti di un pianeta che è un corpo vivo e sul quale la presenza umana è temporalmente impercettibile e momentaneamente impattante. L'uomo nelle poche migliaia di anni della sua esistenza ha condizionato le caratteristiche del pianeta, l'ha deforestato, inquinato, modificato climaticamente, ma non sottomesso e non incatenato. Il genere umano ed in particolare le "civiltà tecnologicamente avanzate" hanno creduto di comandare il mondo, di poter agire distruggendo gli equilibri, di non avere limiti di alcun genere; hanno creato un sistema politico-economico che si regge sull'aumento dei consumi senza limite, sull'uso incontrollato delle risorse non rinnovabili e sul consumo oltre il limite di quelle rinnovabili, sulla privazione di beni alle generazioni future che si troveranno un pianeta depauperato. La scelta del nucleare è figlia di questa logica, è la conseguenza dell'uomo che si è creduto Dio, che ha pensato di avere il potere assoluto e di poter prevedere e prevenire qualsiasi avvenimento, di usare una forza che in realtà non è in grado di controllare. Chi, come il sottoscritto, ha partecipato attivamente alla battaglia degli anni '80 contro il nucleare aveva chiaro che quanto sta avvenendo nella centrale di Fukushima sarebbe prima o poi accaduto in qualche parte del mondo. Lo sapevamo perché abbiamo chiaro il limite del potere degli uomini di fronte alla realtà, perché una forza tanto grande quanto pericolosa non può essere dominata dal genere umano, perché il potere di controllo assoluto non è alla portata dell'uomo. Dopo Three Miles Island ci fu detto che la causa era un errore umano e che non si sarebbe più ripetuto, dopo Chernobyl ci fu detto che la causa era la vetustà e l'arretratezza dell'impianto e che non si sarebbe più ripetuto, oggi ci viene detto che si tratta di una centrale vecchia e mal progettata e con quelle nuove non si ripeterà. La verità è che nessuno può escludere che si ripeta, in qualunque parte del mondo, la verità è che l'uso dell'energia nucleare è figlia di un'idea di modernità finita con la fine del '900, la verità è che nel nuovo millennio occorre ripensare il ruolo e le azioni del genere umano all'interno della biosfera, dentro un pianeta che non è infinito ma ha limiti precisi, in un ottica di conservazione delle risorse e non di aumento illimitato dei consumi. Nei giorni successivi al disastro di Fukushima abbiamo sentito analisti e politici confermare la ripresa del programma nucleare in Italia, ci siamo sentiti accusare di sciacallaggio, di far leva sull'emotività e di utilizzare la paura. Nulla di più falso, la nostra posizione è identica da oltre 20 anni, è assolutamente razionale, chiara, meditata e legata alla lettura della realtà; ciò che colpisce è la cieca ideologia dei nuclearisti che anche di fronte al ripetersi periodico e a diverse latitudini di eventi tanto tragici, continuano a professare una fiducia illimitata nella capacità dell'uomo di dominare ogni cosa. La sola cosa che sembra aver fatto cambiare idea ai cantori del nucleare sono i sondaggi elettorali e questo è francamente desolante, vedere uomini di governo cambiare idea in pochi giorni in base alla paura di perdere le elezioni ci fa veramente temere il futuro di questo nostro povero e amato Paese. Probabilmente occorrerebbe un cambiamento radicale nella composizione delle élites, probabilmente servirebbero meno economisti, meno tecnocrati e più filosofi e intellettuali per cambiare la rotta e affrontare le sfide del nuovo millennio.
Marco Molgora
ex Assessore all'Ambiente
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