mercoledì 8 settembre 2010

8 Settembre: traditi ma ricordati e onorati

Per ricordare i nostri “Soldati d’Italia” che hanno partecipato alla seconda guerra mondiale. La foto d’epoca che li ritrae con padre Geremia Cantoni dell’Ordine dei Frati Minori di Sabbioncello, parroco pro tempore di Sartirana Briantea dal 1940 al 1950 ha fornito lo spunto per organizzare una Santa Messa di suffragio presso la chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo in Sartirana Briantea Venerdì 10 settembre 2010 alle ore 20,45. Troppe volte abbiamo sentito parlare dei nostri soldati italiani traditi in quel fatidico giorno quando l’ 8 settembre 1943 quasi 2 milioni di giovani militari, senza ordini o disposizioni di sorta, furono lasciati in balia dei Tedeschi che da quel momento divennero invece che gli ex amici i veri nemici più feroci e spietati che mai. Siamo tutti fermamente convinti che anche i nostri soldati siano stati traditi soprattutto quelli tra loro che finirono internati in Germania in balia della spietata furia che la macchina da guerra Nazista avrebbe loro riservato.
Facilmente possiamo affermare che traditi furono anche i nostri Alpini inviati in Russia nel 1942 mal equipaggiati a sacrificare le loro giovani vite nella battaglia di Nikolaievka o durante la disastrosa ritirata nella sacca del Don dopo la disfatta. Furono più di 90.000 i nostri alpini che in Russia sacrificarono la loro vita per la Patria. Quante enormi responsabilità siano da imputare ai governanti o ai membri dello Stato Maggiore del nostro Esercito Italiano di quell’epoca, Dio solo lo sa, e non è nostra intenzione rivendicare pretese o lanciare accuse.
Noi siamo qui invece per “Ricordare. Ricordare per evitare di sbagliare ancora”.
E’ doveroso ricordare i valori che identificavano i nostri giovani alpini di quegli anni e che con fatica cerchiamo di tramandare: la fede, la speranza nella vita, l’altruismo, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio, la tempra del carattere, la lealtà, l’amore per la propria terra e l’orgoglio di appartenervi e infine l’immenso desiderio di libertà che si interiorizza frequentando le montagne.
Il bagaglio culturale che ognuno di noi si è formato negli anni della gioventù costituisce il vero carburante che lo porterà poi ad affrontare e superare le difficoltà che la vita riserva. Una frase di autore ignoto, che fa bella mostra di sé su una colonna all’ingresso del cimitero di Codera, nell’omonima valle laterale alla Val Chiavenna in provincia di Sondrio, così fa dire ai nostri cari che sono andati avanti: “Ciò che noi fummo un dì voi siete, adesso chi si scorda di noi scorda se stesso. “ Siamo qui per ribadire a chi è stato prigioniero nei lager nazisti la dovuta dignità che molti governanti, soprattutto nell’immediato dopoguerra, non avevano interesse a riconoscere. Siamo qui per ridare voce alla stragrande maggioranza di loro che, pensando di non aver fatto niente di eroico o non volendo vantarsi, preferì lasciar perdere e tacere.
Le insinuazioni dei primi anni del dopoguerra non avevano certo contribuito a farli sentire degli eroi, ma piuttosto della gente scomoda, per questo molti preferirono tacere e non rivendicare nulla. Lo stato maggiore del nostro esercito italiano non aveva certo piacere nel ricordare di aver lasciato allo sbando circa due milioni di persone e che circa 650.000 di loro “gli schiavi di Hitler” erano finiti nei lager per essere utilizzati dai nazisti come manodopera gratuita. Nel dopoguerra i nostri governanti dovevano riallacciare buone relazioni internazionali sia con gli alleati che con i Tedeschi e molti preferirono dimenticare. Gli schiavi di Hitler, negli ultimi anni, sono sempre più riconosciuti anche come membri attivi della resistenza per non aver voluto trasformarsi in seguaci della Repubblica di Salò o diventare collaboratori dei Nazisti, anche a costo di rimetterci la vita. Per molti di loro morire di stenti non è stato sicuramente più facile che morire in azione o in un campo di sterminio. La sigla IMI (Internati militari italiani) è stata coniata dai nazisti solo come espediente per poterli far lavorare a scapito della convenzione di Ginevra. Rende loro molta più giustizia la definizione che sempre più negli ultimi anni li identifica invece come: "Schiavi di Hitler". Più del 90% dei circa 650.000 soldati Italiani internati in Germania ha rifiutato di essere riportato libero in Italia per combattere al fianco dei Nazisti nelle fila della neo costituita Repubblica Sociale Italiana dell’Ottobre 1943. 50.000 di loro non fecero più ritorno alle loro case e si stima che altrettanti riportarono conseguenze per il resto della loro vita.
Il loro No! al Nazismo e al Fascismo ha sicuramente contribuito a rendere possibile la nostra Libertà’ di oggi e finalmente anche il nostro paese ha concesso loro l’onore che da sempre hanno meritato. Grazie alla Legge 27 Dicembre 2006 n°296 la Repubblica Italiana ha concesso il conferimento di una Medaglia d'onore ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti. Dal 27 gennaio 2008 in occasione della Giornata della memoria sono state già concesse più di 4800 medaglie d’onore. Purtroppo però, la giornata della memoria del 27 gennaio è divenuta per la maggior parte di noi, soprattutto dei nostri giovani, solo il ricordo della Shoah cioè dell’olocausto del popolo ebreo. Il rischio è che lo stereotipo della Shoah faccia scomparire il ricordo delle altre vittime come per esempio, tra gli altri, dei nostri miliari internati nella Germania Nazista.
Dobbiamo ricordarci dei nostri caduti e parafrasando le parole di “O mia bèla Madunina” è come se dicessimo: “speri che se ufenderà nisün se parlum un cicin anca de nün” I due sentimenti che ci animano siano quindi il ricordare ed il rendere onore a tutti i nostri soldati che hanno contribuito a donarci un futuro migliore.
Perché ogni 8 Settembre diventi l’occasione per dire: traditi ma ridorcati e onorati.

Gianluigi Bonalume

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