Si tratta del "vecchio caro" cemento!
Dopo il cessato allarme riguardo i pozzi di petrolio nel Parco, un nuovo e nel contempo antico nemico, ben più spietato e inesorabile dell’oro nero si riaffaccia a minacciare il Parco.
Si tratta del vecchio, caro cemento!
Ormai (è evidente a tutti) le ultime grandi aree “libere” rimaste nei nostri comuni sono sempre più spesso all’interno dei confini del Parco e siccome pare che l’unico (o il più comodo) modo per 'far cassa' da parte dei comuni stessi sia concedere licenze edilizie, ecco che si cerca di forzare la mano per ottenere l’edificabilità in aree finora precluse al cemento.
Tutto il contendere si gioca sulla nuova stesura del Piano Territoriale di Coordinamento (PTC), che è lo strumento di pianificazione e governo del territorio all’interno del Parco. Tale piano è in corso di ridefinizione in queste settimane.
La questione di fondo è sempre la stessa: vogliamo o non vogliamo il Parco?
Non possiamo avvalerci di esso solo quando si tratta di impedire le perforazioni di pozzi di petrolio, o quando si tratta di sfruttare l’immagine che esso porta con sé per piazzare meglio i nostri prodotti, siano essi i pasti nei ristoranti, i vini delle cantine, i formaggi delle stalle, le case vecchie e nuove delle immobiliari...
Nel nostro girare per il Parco incontriamo tante persone che si lamentano con noi per delle villette costruite qua piuttosto che là, per dei quartieri nati in pochissimi mesi di cui nessuno sentiva realmente la necessità, per delle riqualificazioni/ristrutturazioni che “decuplicano” i metricubi di cemento.
Possibile che la terra, agricola o boscata che sia, debba rimanere tale solo fino a quando qualcuno mettendogli gli occhi addosso dica "ve l’abbiamo lasciata abbastanza per “giocare”, adesso tocca a noi, avanti con le ruspe e su coi tavolati!"
I nostri amministratori non possono e non devono usare il territorio come fosse una merce!
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