Siamo ad oltre metà strada della cosiddetta “riforma federalista” che ha visto approvare a tutt’oggi cinque degli otto decreti attuativi (federalismo demaniale, Roma capitale, fabbisogni standard, federalismo municipale, Province-Regioni e Sanità, Fabbisogni standard), mentre mancano all’appello i decreti attuativi relativi a perequazione e rimozione squilibri, premi e sanzioni ed armonizzazione dei sistemi contabili.
Proprio in questi giorni parecchi organi di stampa pubblicano tabelle di buoni e cattivi, di regioni e comuni che guadagnano e che perdono e, come succede da qualche tempo per alcune scelte governative, si propaganda questa riforma come epocale e di grandi contenuti. Va precisato che le cifre che vengono propagandate rimarranno solo teoriche perché entreranno a far parte del fondo di riequilibrio nazionale ed ogni Comune sarà di fronte ad un’unica certezza: recuperare i tagli subiti nel 2011 e 2012 con nuove tasse o con riduzione di servizi ai cittadini.
Mi limito a valutare alcuni elementi della riforma che riguarda più da vicino i Comuni, con alcuni esempi che riguardano il comune di Casatenovo.
Il federalismo municipale prevede una fase transitoria che va fino al 2013 ed a tutt’ oggi non c’è alcuna norma che indichi come i Comuni possano recuperare i tagli effettuati dalla legge di stabilità alle entrate correnti (per Casatenovo 272.000 euro per il 2011 e 453.000 euro per il 2012), in quanto la “riforma “ federalista parte al netto di queste riduzioni. I sindaci si chiedono come possono recuperare questi tagli indiscriminati. La riforma per le regioni parte per lo meno con i dati del 2010 senza alcun taglio. Qualcuno spera nel recupero di evasione fiscale che potrebbe finire nelle casse comunali, ma le modalità di concertazione con l’Agenzia delle Entrate sono ancora da definire nel concreto. Qualche esperto amministrativo ha definito l’attuale riforma municipale come una “ partita di giro al ribasso con l’unica certezza di maggiori tasse per i cittadini”. E se facciamo un’analisi di dettaglio economico la ridistribuzione fiscale funziona con più tasse per lavoratori dipendenti e pensionati (addizionali IRPEF), più tasse per i ceti produttivi dal 2014 (artigiani, commercianti ed industriali) e meno tasse per i redditi immobiliari (cedolare secca sugli affitti, con aliquote inferiori rispetto alle attuali).
Qualche domanda di carattere più generale viene spontanea:
- Una vera riforma federale non presuppone un’autonomia impositiva di cui non si vede l’ombra in questa proposta?
- Come si combina la riforma federale con le norme del patto di stabilità che impediscono ai Comuni di spendere i propri soldi?
- Una vera riforma federale non deve affrontare il tema delle dimensioni di Comuni e Provincie e favorire aggregazioni per lo svolgimento di funzioni associate?
- Perché si colpiscono i Comuni che più di altri hanno contribuito al risanamento del Bilancio dello Stato in questi ultimi anni?
- Perche il Governo PdL-Lega ha ridotto il numero dei consiglieri comunali ma si guarda bene dal ridurre il numero di deputati e senatori?
- Perché la riforma federalista riguarda solo le regioni a statuto ordinario e non le regioni a statuto speciale?
- I sindaci di centro destra e della Lega sono disposti a chiedere modifiche sostanziali a questa legge, o devono “stare zitti” e difendere l’operato dei propri parlamentari centralisti, contro gli interessi dei propri cittadini?
Antonio Colombo
Sindaco di Casatenovo
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