mercoledì 7 luglio 2010

Inerzia della Regionale e buco normativo sulle rette delle Rsa: a rischiare sono i Comuni

Tredici sentenze in una settimana. Tredici sentenze del Tribunale amministrativo lombardo che ha dato ragione a chi ha fatto ricorso per chiedere che la retta per le case di cura e di assistenza per gli anziani convenzionate con la Regione Lombardia fosse calcolata soltanto in base al reddito (dichiarazione Isee) del singolo e non su quello della famiglia. E stabilendo che la parte mancante della quota sia a carico dei Comuni. La giurisprudenza fa scuola e apre un precedente, a tal punto da rischiare di mettere in discussione il sistema che gestisce le Rsa. Dopo i casi del Tar di Brescia e prima ancora quelli della Sicilia e della Toscana, la possibilità di ricorre alla legge per ridurre le quote degli assistiti si sta espandendo a macchia d’olio. «Tredici sentenze in una settimana sono un fatto politico che non può essere ignorato né dai Comuni né dalla Regione - spiega il presidente dell’associazione «Senza Limiti» per la tutela degli anziani non autosufficienti, Fulvio Aurora -. Sono il seguito di un’altra serie. In totale ce ne saranno una quarantina. Noi chiediamo che i Comuni modifichino il regolamento così come il Tar ha imposto». Ma per i sindacati, lo scenario che si prospetta è allarmante. «L’effetto a pioggia è terribile - commenta Antonio Iodice, segretario regionale della Uil con delega a famiglia e sanità -. Se gli ospiti non sono in grado di sostenere quella retta, lo deve fare qualcun altro. E se i Comuni non possono pagare?». Non solo, le Rsa non si possono difendere: dopo uno, due, tre sentenze rischiano di essere condannati per lite temeraria. «Ma se i Comuni non hanno soldi, e la Regione non glieli dà, cosa si fa: lasciamo che l’ospite rimanga senza assistenza? Qualcuno deve rispondere. Se continuano così, il rischio è che le strutture chiudano». Per fare il punto sulla situazione, le tre sigle sindacali hanno richiesto due incontri alla Regione nei prossimi giorni con l’assessorato alla Sanità e quello alla Famiglia.


Sono tredici sentenze che indicano che va considerato nell'erogazione dei contributi per i ricoverati solo l'Isee individuale dell'anziano e non quello familiare come noi tutti siamo abituati a fare. Questo fenomeno del ricorso al Tar sulle rette è dovuto ad un "buco" normativo. Non è stato fatto un regolamento dai Governi nazionali. L'inerzia regionale ha scelto come per la tutela minori di non regolare anche questo ambito.
Anzi la Lombardia ha "aggravato" la situazione imponendo nuovi parametri di accreditamento nel 2001. I gestori delle Rsa sono stati costretti a fare lavori di ristrutturazione senza aiuti dalla stessa Regione. I costi dei mutui sono stati, in parte, scaricati sui pazienti con l'enorme aumento delle rette. Un recente studio dell'Irer (Istituto di ricerca della Regione) ha dimostrato che nel finanziamento delle rette avviene cosi':
  • Fondo sanitario 42%;
  • Comuni 3,4%;
  • Utenti 47%;
  • Gestori (soprattutto Onlus) 7,6% .
Anche nella nostra Provincia c'è un Comitato che si sta organizzando per fare i ricorsi. Il problema vero è, però, nei confronti della Regione. Occorrebbe un intervento deciso dell'Anci. L'Assemblea provinciale dei Sindaci ha già prodotto un documento che è stata rimandato al mittente da parte dell'Asl. Comunque sia, questa è una mina vagante per i prossimi bilanci.

Ambrogio Sala
Assessore ai Servizia alla persona
di Olgiate Molgora

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