La proposta di trasferire qualche ministero al Nord inizialmente ai più era apparsa una boutade. Sta diventando una questione seria. Non dovrebbe esserlo.
Dando per scontato che costi (anche finanziari) e problemi organizzativi impediranno anche soltanto di discutere il trasferimento di ministeri significativi, il rischio maggiore è che, per non scontentare nessuno, si ripieghi su una versione soft, con la creazione di sedi distaccate e uffici di rappresentanza. Non sarebbe solo uno spreco di risorse ma diventerebbe un ostacolo a una razionalizzazione della rete periferica dell’amministrazione centrale, questa sì necessaria da tempo.
I maggiori ministeri (Difesa, Giustizia, Istruzione, Beni culturali, Economia, ecc.) hanno un’articolazione periferica che ricalca il disegno delle amministrazioni territoriali. È questa la principale motivazione della spinta a creare nuove Province: contano non tanto gli uffici della Provincia quanto una nuova prefettura, la sovrintendenza, il comando provinciale dei Carabinieri, e così via.
Bisognerebbe snellire queste reti. Soprattutto – se ne parla da almeno dieci anni - ripensare il tutto alla luce del trasferimento di competenze a Regioni ed enti locali. Ci si aspetterebbero proposte su questo da chi vuole la riduzione del peso dello stato centrale. Ma tant’è: scomparsi da tempo i marxisti immaginari di buona memoria (Vittoria Ronchey, 1975), è da un po’ il turno dei federalisti immaginari.
Giuseppe Pisauro
da La Voce
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