Il consumo di suolo in Brianza continua ad essere un problema nonostante la crisi del mercato immobiliare. Solo qualche mese fa l’ultimo dossier de ‘Il Sole 24 Ore’ sulla tutela del paesaggio italiano metteva l’accento su un dato inquietante, ovviamente sottaciuto da tutte le istituzioni del nostro territorio: in provincia - in provincia di Lecco! - ogni giorno, vengono ‘mangiati’ dalle costruzioni 3.000 metri quadri di suolo libero. Una specie di epidemia.
Questo avviene mentre ad ogni pioggia intensa la Brianza si ritrova con rogge e torrenti sovraccarichi, danni da allagamenti e problemi di dissesto idrogeologico diffuso generati proprio e in primis dall’impermeabilizzazione dei suoli dovuta ad asfalto e cemento. Da recenti studi del Politecnico di Milano, condotti dal Prof. Paolo Pileri, emerge un dato interessante al riguardo: la soglia di criticità dal punto di vista idrogeologico viene raggiunta proprio quando la superficie urbanizzata supera il 35% della superficie complessiva considerata. Se prendessimo i comuni della Brianza lecchese pochi, pochissimi, dimostrerebbero tassi di occupazione del suolo inferiori a quelli stabiliti dall’università di Milano. Nonostante il prezzo da pagare sia quindi noto a tutti, negli ultimi anni i fenomeni di urbanizzazione pare non abbiano trovato alcun freno od ostacolo da parte delle nostre pubbliche amministrazioni. Anzi.
L’ultima novità in tal senso arriva da Arcore. E’ notizia di questi giorni, infatti, che la giunta arcorese vorrebbe cementificare quattro ettari di bosco (uno dei più estesi del territorio comunale), ettari oggi protetti dal Parco dei Colli Briantei, per far posto ad una residenza per anziani. Lo si apprende dal rapporto preliminare per la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) relativa alla costruzione della Residenza Socio-assistenziale di Arcore. Nello stesso documento si propone di ampliare in un'altra area di Arcore il sopracitato parco, dimenticando di specificare però che le nuove inclusioni sono da tempo destinate ad ospitare nel prossimo futuro l’autostrada Pedemontana, la pedegronda ferroviaria, la tangenzialina di Arcore e le strutture annesse.
Con i dati sopra illustrati e vista la necessità di riqualificare importanti aree dismesse interne al tessuto urbano (pensiamo all’area arcorese ex-Falck), è ancora possibile pensare di costruire un edificio pubblico su terreni liberi a destinazione agricola o boschiva?
Secondo noi no, si tratta del nostro luogo di vita e, in definitiva, della nostra salute.
Prima che politica, è una questione morale: manca la volontà di compiere scelte nuove, certo più faticose, ma che vadano davvero nella direzione dell’interesse generale, quindi, verso la tutela dell’ambiente naturale che ancora ci resta.
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