domenica 29 agosto 2010

Stop al consumo di territorio. Solo ristrutturazioni e sua valorizzazione

Cassinetta di Lugagnano, provincia di Milano. Viene eletto primo cittadino un ambientalista brillante. Si chiama Domenico Finiguerra, ha 39 anni e viene dalla città. Mette subito in campo la ricetta propugnata in anni di militanza “verde”: niente nuove costruzioni, prima si rimette in sesto ciò che già c’è; minori entrate sul fronte della tassazione del territorio ma eguale (suppergiù) volume di impresa edilizia. Qualche tassa di scopo, nessuna riduzione sostanziale delle imposte. Cassinetta è oggi un capolavoro di paese nel quale tutti fanno la fila per andarsi a sposare. E i cittadini, nonostante la tassa, hanno gradito, scegliendo cinque anni dopo di rieleggere il loro sindaco con un plebiscito ben superiore (+12%) al consenso che gli avevano tributato alla prima elezione. Perché la qualità della loro vita è migliorata considerevolmente. Senza imporre battute d’arresto al loro portafoglio. Anzi. Ora immaginate di trasporre tutto questo su scala nazionale: migliaia di cantieri potrebbero essere aperti per recuperare fette di territorio oggi abbandonate e per di più deturpate da costruzioni fatiscenti; centri storici lasciati morire. Anche qui il volume di cantieri non verrebbe ridotto, ma il territorio non solo cesserebbe di essere “colpito”, ma addirittura recuperato nella sua bellezza originale. Pensate alla spinta per il nostro turismo e, anche, come, migliorando le condizioni di vita di tutti noi, favorirebbe un sicuro rilancio (anche) indiretto della nostra economia (perché quando si vive meglio si è nella condizione di dare un contributo molto più importante al Paese). E’ solo un pezzetto di una rivoluzione culturale che deve prevedere, naturalmente, anche altri (e principali) momenti, a cominciare da quelli di cui parliamo da mesi: l’università e la ricerca chiave di un nuovo sistema-Paese (che faccia un passo decisivo verso la risoluzione del problema della disoccupazione attraverso l’istituzione di una rete di formazione permanente collegata alle prime), facendo sì che la cultura cessi di essere una voce del bilancio e ne divenga IL bilancio. Ma è un pezzo che, già sperimentato, dimostra come tutto questo sia fattibile. Naturalmente non dev’essere necessariamente preso in blocco e imposto assolutisticamente; sono linee, da integrare con il mantenimento di modelli esistenti. Ma una prospettiva nuova è tracciata. Le risorse immateriali possono rifare dell’Italia, che può tornare ad essere la culla della civiltà, un grande Paese. Si tratta ora solo di riprendere a valorizzarle.

Attilio Ievolella
da Il Politico.it

2 commenti:

  1. Pura teoria. Non applicabile ovunque. A Cernusco tutte le cascine e le aree dismesse le abbiamo recuperate (a parte il Consorzio Agrario per le ben note vicende) e nel PGT tenteremo di mettere mano all'edilizia anni Sessanta: ma il fatto che la proprietà sia spezzettata non aiuta sicuramente. Ci proveremo. (P.S. su Cassinetta: perchè non si dice mai quanto è cresciuta negli anni Ottanta e Novanta?)

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  2. La precedente Amministrazione, quella del Sindaco Giovanni Battista Albani, in campagna elettorale aveva annunciato che avrebbe ridotto le edificazioni in confronto al Prg adottato durante la passata legislatura di Dario Perego e ha mantenuto la promessa. Andrea Robbiani a quanto sembra, nonostante i proclami e le "sparate" di quando era in opposizione, sta andando verso tutt'altra direzione. Nessuno lo ha obbligato ad assumersi impegni che poi non vuole o non può mantenere. Ha fatto delle dichiarazioni precise e adesso ne deve rendere conto alla popolazione. Se poi si aggiunge che il "pomo della discordia" sono alcuni terreni dei soliti noti il quadro è veramente desolante...

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