Il saluto romano |
Lecco, 29 aprile 2012 - Alla fine il consigliere comunale del Pdl Giacomo Zamperini non ce l’ha fatta e ha ceduto alla tentazione di alzare il braccio destro e porgere il saluto romano per rendere omaggio ai sedici ufficiali e sottoufficiali della Repubblica di Salò, uccisi dai partigiani il 28 aprile del 1945, a pochi giorni dalla Liberazione. Non sono bastati i richiami alla moderazione di Forza Lecco, la neonata formazione politica che fa riferimento a Michela Vittoria Brambilla, a placare l’animo del consigliere. A nulla sono serviti i volantini, apparsi in città nei giorni scorsi, che identificavano l’esponente pidiellino come l’avversario numero uno della Resistenza per il suo categorico rifiuto a celebrare il 25 Aprile, definita «festa faziosa» e che nella sua pagina Facebook veniva ricordata come giornata di lutto nazionale.
Assente dai cortei della Liberazione, Zamperini, ha, però, pensato di non mancare alla cerimonia che ha ricordato i morti della Repubblica sociale e di onorarli con il saluto tipico del Ventennio.
Erano pochi, non più di una trentina, a commemorare la lapide al Rigamonti Ceppi. Qualche giovane, molti anziani, diversi esponenti del Pdl. La cerimonia ufficiale si è svolta senza intoppi. Nessuna contestazione, nessun corteo ha impedito allo sparuto gruppo radunatosi davanti alla targa di ricordare i caduti di Salò.
È stato Antonio Pasquini, consigliere comunale del Pdl a Lecco, a fare da cerimoniere e a pronunciare il discorso. Un discorso che è partito da una citazione di Cesare Pavese e che ha invitato i giovani presenti, il cui atteggiamento composto è stato più volte sottolineato, a guardare avanti, dimenticando odi antichi e divisioni. Tutto politicamente corretto insomma. Terminata la cerimonia ufficiale, però, il clima pian piano si è trasformato. I giornalisti non sono più stati presenza gradita e la sensazione è che gli esponenti della nuova destra fossero in attesa.
Attendevano. Attendevano che prima l’auto della polizia, poi quella dei carabinieri abbandonassero la postazione, insieme alla stampa. Lontano da occhi indiscreti la celebrazione vera, quella sentita, quella più autentica, quella nostalgica, ha avuto inizio. Lo sparuto gruppo di militanti fa cappello davanti alla lapide e all’unisono,sguardo al cielo, con atto liberatorio hanno teso il braccio nel saluto romano per ricordare «i loro eroi». Non una novità negli ambienti dell’estrema destra, ma questa volta a lasciarsi andare alla nostalgia del Ventennio è stato anche un esponente di un partito politico che, almeno nelle intenzioni, vorrebbe essere moderato.
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