Ho partecipato stamattina insieme a tantissimi sindaci del meratese e della nostra provincia alla manifestazione di Milano organizzata dall’Anci Lombardia, Associazione che riunisce i sindaci della nostra regione. Ci siamo recati in corteo dal Prefetto per riconsegnare simbolicamente la fascia tricolore come espressione dell'impossibilità di continuare il nostro compito nell’attuale situazione.
Siamo coscienti che le finanze pubbliche non sono floride però non possiamo continuare a vedere che – mentre ai Comuni vengono chiesti sacrifici – in altri settori della Pubblica Amministrazione le spese aumentano: i Comuni italiani risparmiano 1,2 miliardi di euro l’anno (400 milioni nella sola Lombardia: tutti i Comuni del meratese chiudono il bilancio in attivo) mentre Ministeri e Regioni aumentano la spesa..
Si creano nuovi ministeri, ultimo il Ministero del Turismo affidato alla lecchese Micaela Brambilla meno di un anno fa: ovviamente al di là dello stipendio del Ministro questo significa spese per le sedi, per i dirigenti ed i consulenti e così via. La crescita del numero delle Province – molte delle quali senza alcuna giustificazione seria – continua: vicino a noi è nata recentemente la Provincia di Monza e Brianza, di cui è in costruzione la nuova sede.
Nel frattempo i Comuni subiscono tagli nei trasferimenti dallo Stato. Non si tratta di pochi soldi: il solo meratese dal 2003 al 2009 ha subito tagli per quasi 3 milioni di €uro (precisamente 2.998.168,11 €).
L’abolizione dell’Ici sulla prima casa ha ulteriormente messo in difficoltà i Comuni che hanno ricevuto sinora un parziale rimborso dallo Stato sul mancato introito 2008, mentre per il 2009 e il 2010 non si sa ancora nulla: non sappiamo né quanto riceveremo né quando verrà accreditata la somma. Insomma lo Stato risparmia soldi sulla nostra pelle e quando paga il dovuto lo fa in ritardo.
In media ogni cittadino lombardo paga 7mila € l’anno di tasse, di cui solo 200 tornano ai Comuni (si tratta di una media, una città come Milano riceve per abitante ben di più dei piccoli comuni come i nostri). I Comuni però effettuano la maggior parte della spesa di investimenti della Pubblica Amministrazione. Nell’attuale situazione di crisi economica quando servirebbe che la spesa pubblica agisse come stimolo per rilanciare l’economia i Comuni sopra i 5mila abitanti sono soggetti al Patto di Stabilità che impone loro rigidi limiti di spesa, nonostante la disponibilità di soldi in cassa. Si parla di grandi opere per rilanciare l’economia, ma tante piccole opere che i Comuni potrebbero mettere in campo in pochi mesi creerebbero più posti di lavoro di una grande opera come il ponte sullo stretto di Messina, con soldi diffusi sul territorio (e non concentrati nelle mani delle poche aziende).
Si parla da anni di federalismo, ma i Comuni subiscono sempre di più un centralismo che non ha più solo il volto di Roma capitale ma anche quello di Milano capoluogo di Regione. Ci vengono delegati sempre più compiti per gestire soldi le cui regole sono decise a Milano: ad esempio la dote scuola viene erogata dalla Regione ma i cittadini si interfacciano con il Comune per gli adempimenti burocratici. Di questi esempi se ne potrebbero fare decine.
In questi giorni alcuni colleghi si lamentavano che ora per asfaltare una strada – oltre ai normali passaggi burocratici, già lunghi – occorre ottenere l’assenso (o il mancato diniego entro 90 giorni) della Sopraintendenza per i Beni Architettonici: insomma anziché diminuire la burocrazia aumenta.
Io mi sono trovato nell’assurda situazione di non poter sostituire un’impiegata in maternità perché dobbiamo rispettare rigidi parametri di spesa per il personale, che ci impongono tagli progressivi ogni anno: ci si arrangia con i lavoratori socialmente utili, l’aiuto dei volontari, l’opera prestata dagli amministratori.
Si cercano sponsorizzazioni per mantenere il livello delle attività ricreative e culturali, si è costretti spesso a tagliare i fondi alle associazioni di volontariato che mantengono vitali i nostri paesi.
In questa fase di crisi economica aumentano le richieste di aiuto di chi è in difficoltà, per cui i Comuni dovrebbero avere a disposizione più fondi per gestire questa emergenza. Non chiediamo però elemosine allo Stato ma che si introduca un vero federalismo fiscale che consenta ai comuni di mantenere – in un’ottica solidaristica tra le diverse parti della nazione – una maggiore quota del reddito prodotto sul proprio territorio. Chiediamo che si introducano regole che premino gli Enti Locali virtuosi così che i cittadini possano premiare gli amministratori migliori.
La protesta di oggi dimostra che la misura è colma. In mancanza di provvedimenti da parte del Governo assisteremo nei prossimi anni ad un progressivo impoverimento della capacità dei Comuni di fornire servizi adeguati ai cittadini.
Siamo coscienti che le finanze pubbliche non sono floride però non possiamo continuare a vedere che – mentre ai Comuni vengono chiesti sacrifici – in altri settori della Pubblica Amministrazione le spese aumentano: i Comuni italiani risparmiano 1,2 miliardi di euro l’anno (400 milioni nella sola Lombardia: tutti i Comuni del meratese chiudono il bilancio in attivo) mentre Ministeri e Regioni aumentano la spesa..
Si creano nuovi ministeri, ultimo il Ministero del Turismo affidato alla lecchese Micaela Brambilla meno di un anno fa: ovviamente al di là dello stipendio del Ministro questo significa spese per le sedi, per i dirigenti ed i consulenti e così via. La crescita del numero delle Province – molte delle quali senza alcuna giustificazione seria – continua: vicino a noi è nata recentemente la Provincia di Monza e Brianza, di cui è in costruzione la nuova sede.
Nel frattempo i Comuni subiscono tagli nei trasferimenti dallo Stato. Non si tratta di pochi soldi: il solo meratese dal 2003 al 2009 ha subito tagli per quasi 3 milioni di €uro (precisamente 2.998.168,11 €).
L’abolizione dell’Ici sulla prima casa ha ulteriormente messo in difficoltà i Comuni che hanno ricevuto sinora un parziale rimborso dallo Stato sul mancato introito 2008, mentre per il 2009 e il 2010 non si sa ancora nulla: non sappiamo né quanto riceveremo né quando verrà accreditata la somma. Insomma lo Stato risparmia soldi sulla nostra pelle e quando paga il dovuto lo fa in ritardo.
In media ogni cittadino lombardo paga 7mila € l’anno di tasse, di cui solo 200 tornano ai Comuni (si tratta di una media, una città come Milano riceve per abitante ben di più dei piccoli comuni come i nostri). I Comuni però effettuano la maggior parte della spesa di investimenti della Pubblica Amministrazione. Nell’attuale situazione di crisi economica quando servirebbe che la spesa pubblica agisse come stimolo per rilanciare l’economia i Comuni sopra i 5mila abitanti sono soggetti al Patto di Stabilità che impone loro rigidi limiti di spesa, nonostante la disponibilità di soldi in cassa. Si parla di grandi opere per rilanciare l’economia, ma tante piccole opere che i Comuni potrebbero mettere in campo in pochi mesi creerebbero più posti di lavoro di una grande opera come il ponte sullo stretto di Messina, con soldi diffusi sul territorio (e non concentrati nelle mani delle poche aziende).
Si parla da anni di federalismo, ma i Comuni subiscono sempre di più un centralismo che non ha più solo il volto di Roma capitale ma anche quello di Milano capoluogo di Regione. Ci vengono delegati sempre più compiti per gestire soldi le cui regole sono decise a Milano: ad esempio la dote scuola viene erogata dalla Regione ma i cittadini si interfacciano con il Comune per gli adempimenti burocratici. Di questi esempi se ne potrebbero fare decine.
In questi giorni alcuni colleghi si lamentavano che ora per asfaltare una strada – oltre ai normali passaggi burocratici, già lunghi – occorre ottenere l’assenso (o il mancato diniego entro 90 giorni) della Sopraintendenza per i Beni Architettonici: insomma anziché diminuire la burocrazia aumenta.
Io mi sono trovato nell’assurda situazione di non poter sostituire un’impiegata in maternità perché dobbiamo rispettare rigidi parametri di spesa per il personale, che ci impongono tagli progressivi ogni anno: ci si arrangia con i lavoratori socialmente utili, l’aiuto dei volontari, l’opera prestata dagli amministratori.
Si cercano sponsorizzazioni per mantenere il livello delle attività ricreative e culturali, si è costretti spesso a tagliare i fondi alle associazioni di volontariato che mantengono vitali i nostri paesi.
In questa fase di crisi economica aumentano le richieste di aiuto di chi è in difficoltà, per cui i Comuni dovrebbero avere a disposizione più fondi per gestire questa emergenza. Non chiediamo però elemosine allo Stato ma che si introduca un vero federalismo fiscale che consenta ai comuni di mantenere – in un’ottica solidaristica tra le diverse parti della nazione – una maggiore quota del reddito prodotto sul proprio territorio. Chiediamo che si introducano regole che premino gli Enti Locali virtuosi così che i cittadini possano premiare gli amministratori migliori.
La protesta di oggi dimostra che la misura è colma. In mancanza di provvedimenti da parte del Governo assisteremo nei prossimi anni ad un progressivo impoverimento della capacità dei Comuni di fornire servizi adeguati ai cittadini.
Paolo Strina
Sindaco di Osnago
Sindaco di Osnago
Se c'è una Provincia inutile è proprio quella di Lecco (ABITANTI:330.000): la parte lacustre dovrebbe tornare sotto la Provincia di Como ed il Meratese sotto la Provincia di Monza (ABITANTI: 900.000).
RispondiElimina